Dalla Siria al Libano è sempre più caldo il fronte regionale in Medio Oriente, mentre la guerra tra Israele e Hamas e le sue ricadute saranno tra i dossier al centro del faccia a faccia tra il presidente americano Joe Biden e il collega cinese Xi Jinping domani a San Francisco, a margine del vertice Apec.
Intanto gli Stati Uniti hanno colpito nuovi siti collegati all'Iran in Siria, «attacchi di precisione su strutture utilizzate dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e da gruppi affiliati a Teheran, in risposta ai continui attacchi contro militari americani in Iraq e Siria», come ha spiegato il segretario alla Difesa Lloyd Austin. Nei raid - secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria - sono rimasti uccisi almeno otto combattenti filo-iraniani, di cui un siriano e due iracheni. La stessa ong spiega che un drone è stato invece lanciato da forze filo-iraniane presenti in Siria contro la base Usa di Kharrab al Jayr, nel distretto di Rmeilan, al nord-est del paese al confine con l'Irak. Mentre almeno 15 razzi sparati sempre da milizie filo-iraniane hanno colpito la base militare americana di Conoco, a est dell'Eufrate, considerata la principale base di Washington in Siria. «Le forze della resistenza sono indipendenti, non sono comandate dall'Iran e non prendono decisioni in base ai nostri ordini», ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Nasser Kanani, in risposta alle affermazioni del capo del Pentagono secondo il quale la Repubblica Islamica è dietro i recenti attacchi contro le forze Usa in Siria e in Irak. «Gli americani cercano di distogliere l'opinione pubblica dalla realtà con dichiarazioni infondate - ha aggiunto Kanani - mentre abbiamo sempre espresso preoccupazioni riguardo all'espansione della guerra».
Intanto, dopo il lancio di missili dal Libano, degli aerei isareliani hanno colpito una serie «di postazioni e di siti terroristici di Hezbollah». A confermarlo è stato il portavoce militare di Tel Aviv, spiegando che tra gli obiettivi ci sono «infrastrutture del terrore, depositi di armi e centri operativi di comando» del gruppo sciita. «Chi pensa che può estendere gli attacchi contro le nostre forze e i nostri civili gioca con il fuoco», ha avvertito il premier Benjamin Netanyahu riferendosi alla situazione al confine nord di Israele, ma senza nominare direttamente Hezbollah. «Al fuoco - ha aggiunto parlando in una base militare - risponderemo con un fuoco ancora maggiore. Che non ci mettano alla prova, finora abbiamo mostrato solo una minima parte delle nostre potenzialità». E riferendosi alla situazione sul fronte di Gaza, ha ribadito la volontà di sconfiggere Hamas: «Non ci sono pause. Non ci sono cose a metà. Non è un'operazione, andiamo avanti fino alla vittoria totale».
Mentre il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nel suo secondo atteso discorso pubblico in tv in riferimento alla guerra in Medio Oriente, ha sottolineato la necessità di «trovare una posizione comune in modo da esercitare pressione sugli Stati Uniti perché si fermi l'offensiva israeliana e si metta fine ai crimini immorali dello Stato ebraico a Gaza». «Non ci sono più limiti alla ferocia israeliana - ha aggiunto il leader sciita - il suo obiettivo va oltre la vendetta. Vogliono sottomettere i palestinesi, i libanesi e tutte le popolazioni della regione».
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