«Sono stata terrorizzata, forzata e violentata psichicamente». A due mesi dal caso che l'ha vista protagonista, esce allo scoperto Rosanna Natoli, membro in quota Fratelli d'Italia del Consiglio superiore della magistratura. Natoli protesta la propria innocenza dalle accuse che le vengono rivolte, rivendica la propria buona fede. Ma soprattutto dipinge un quadro a fosche tinte di come altri membri del Csm - i giudici delle correnti di sinistra - avrebbero utilizzato la vicenda con metodi brutali, «terrorizzando» e «violentando». Obiettivo: costringerla a farsi da parte immediatamente. Risultato: la Natoli non partecipa al voto per la nomina del procuratore di Catania, e così passa il candidato delle sinistre.
Per capire quanto il retroscena dipinto dalla Natoli sia scottante, bisogna sapere che la Procura di Catania ha un ruolo importante. Vigila, per legge, anche su quanto accade nella Procura di Caltanissetta: cioè l'ufficio che, dopo anni di silenzi e coperture, sta incriminando i vecchi vertici della Procura di Palermo per avere aiutato Cosa Nostra insabbiando l'indagine su Mafia e appalti. Intorno a Giuseppe Pignatone e Gioacchino Natoli, indagati per favoreggiamento aggravato, si sta creando una rete di salvataggio. E tenere sotto tiro i pm di Caltanissetta che li accusano sarebbe fondamentale. In questo scenario delicato e complesso, la Natoli esce allo scoperto con sei pagine di lettera inviate alla presidenza del Csm. La sua colpa è nota: mentre faceva parte della sezione disciplinare del Consiglio, ha incontrato in uno studio legale la giudice Maria Fascetto Sivilllo, siciliana come lei, sottoposta a procedimento e sospesa dal servizio, dispensandole consigli su come limitare i danni e raccontandole l'andamento della discussione all'interno della «disciplinare». Per questo, la Natoli è indagata a Roma per abuso d'ufficio e rivelazione di segreto.
Nella sua lettera, la Natoli non nega l'incontro. Ma attacca frontalmente la Procura di Roma che la indaga per un reato ormai abolito (l'abuso d'ufficio) e per uno (la rivelazione) su cui non è competente, e prendendo per buona la registrazione dell'incontro contenuta nella chiavetta Usb consegnata dalla Fascetto senza verificare se sia stata «artatamente manipolata come io ritengo per i ricordi che ho di quanto accaduto». Dare consigli, dice, non è reato: e cita il caso del giudice di sinistra Sirianni, che suggeriva le mosse al sindaco di Riace Mimmo Lucano, e che è stato prosciolto da ogni accusa.
La parte più delicata riguarda quanto sarebbe accaduto dopo che la vicenda dell'incontro era venuta alla luce. «Il 17 luglio, data fissata per il plenum in cui vi era all'ordine del giorno la nomina del procuratore di Catania, mi sono recata al Csm per partecipare ai lavori. Non appena arrivata nella mia stanza si sono ivi catapultati i consiglieri Bertolini, Giuffè, Eccher e Aimi», tutti laici di centrodestra. La avvisano che Francesca Abenavoli, membro togato della corrente di sinistra, ha minacciato - se si presenta in riunione - di trasmettere in diretta radio la registrazione e di chiedere le sue dimissioni immediate. «Non avendo avuto neanche il tempo di riflettere sono stata costretta mio malgrado ad allontanarmi da Palazzo Bachelet». «In conseguenza di tale fortissima pressione psicologica sono stata costretta a non votare». Così a Catania invece di Francesco Puleio, candidato appoggiato dalla Natoli, va Francesco Curcio: che però, secondo la Natoli, non aveva nemmeno i titoli necessari.
La lettera della Natoli si conclude chiedendo al Csm di revocare la
nomina di Curcio. Intanto, ad aumentare il caos, Domenica Miele - consigliere di Magistratura democratica - smentisce di avere incaricato di alcunchè la collega Abenavoli. Se ne occuperà il Consiglio il prossimo 11 settembre.
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