«Un'efficace governance di bilancio dovrebbe sostenere il potenziale di crescita dell'Ue». È quanto ha osservato in un workshop a Francoforte Fabio Panetta, membro del board esecutivo della Bce e futuro governatore della Banca d'Italia. «Il quadro di bilancio deve riflettere il fatto che la sostenibilità delle finanze pubbliche dipende sia dal numeratore che dal denominatore del rapporto debito/Pil», ha aggiunto rilevando che, pertanto, «dobbiamo prestare molta attenzione alle dinamiche del debito, ma ciò sarebbe inutile senza la crescita». Per questo occorre una «flessibilità sufficiente nella nostra governance di bilancio, pietra angolare del progetto europeo».
Le parole di Panetta riflettono le considerazioni espresse sin da inizio anno quando paragonò con metafora mogoliana la serie ininterrotta di rialzi dei tassi della Bce al «guidare come un pazzo a fari spenti nella notte». Strangolare lo sviluppo in nome del contenimento dell'inflazione, secondo il futuro governatore, ha poco senso quando realtà (come quella italiana) caratterizzate da alto debito necessitano di un aumento del Pil per garantire ai mercati la sostenibilità del rimborso dei titoli di Stato.
In buona sostanza, è un discorso non dissimile da quelle del ministro dell'Economia Giorgetti che ha rimarcato come i rialzi «ci costano 14-15 miliardi» in più per gli oneri del debito, mentre l'obiettivo di blocco della crescita economica in funzione anti-inflattiva è stato «brillantemente raggiunto». Ritornare a un Patto con regole uguali per tutti significa solo produrre effetti pro-ciclici che aggravano le crisi in corso. In ogni caso, la Nadef che andrà in Consiglio dei ministri giovedì prossimo terrà conto delle norme attuali. Panetta ha infatti osservato che «l'interazione monetario-fiscale non dovrebbe seguire regole rigide e predeterminate». Sia la letteratura economica che l'esperienza politica, ha chiosato, «suggeriscono che questa interazione dovrebbe dipendere dallo stato dell'economia, introducendo flessibilità sufficiente nella nostra governance di bilancio».
È una corrente di pensiero che sta prendendo sempre più piede: le clausole di salvaguardia del Patto - come la sua sospensione post-pandemica - garantiscono un incremento del Pil maggiore rispetto a quello che si avrebbe se fossero rimaste in vigore. Una siffatta architettura normativa ha scarsa ragion d'essere, dunque, se non per congelare lo status quo. «Non dobbiamo sacrificare gli investimenti tanto necessari, che sono stati troppo bassi per troppo tempo», ha proseguito perché il loro calo «ha eroso la competitività». D'altronde, tagliare gli investimenti è più semplice che ridurre la spesa corrente da cui dipende il consenso. Ecco perché Panetta si è detto fiducioso in «un approccio globale economicamente fattibile e politicamente appetibile».
Lo strumento? «Una capacità di bilancio centrale permanente necessaria a integrare le politiche di bilancio nazionali e raggiungere l'orientamento fiscale adeguato per l'area dell'euro», ha detto riecheggiando il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Senza un coinvolgimento comunitario, infatti, il cambio fisso è un fattore di sclerosi.
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