Se nella commissione anti-jihad non c'è neanche un musulmano

Insediata a Palazzo Chigi una commissione di studio contro la radicalizzazione jihadista in Italia. Ma tra i membri non c'è nemmeno un musulmano

Se nella commissione anti-jihad non c'è neanche un musulmano

Settembre 2016 si apre con la notizia dell’insediamento a Palazzo Chigi di una commissione di studio con il compito di esaminare lo stato attuale del fenomeno della radicalizzazione jihadista in Italia. La prima riunione è stata introdotta dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi e dal sottosegretario con delega alla Sicurezza della Repubblica, Marco Minniti, come riferito dallo stesso sito dell’Esecutivo.

La commissione è indipendente e avrà una durata di 120 giorni, al termine dei quali verrà pubblicata una relazione finale. Ne fanno parte diverse personalità del mondo dell’università, della ricerca, della comunicazione.

Sono molti però gli aspetti che fanno emergere dubbi sul progetto, primo fra tutti quei 120 giorni, una tempistica decisamente breve per affrontare un fenomeno, quello del radicalismo islamista, così complesso, radicato nel tempo e con una grande capacità di mutamento e riadattamento a nuovi contesti.

Un nominativo presente all’interno della commissione che appare invece come particolarmente grave è quello di Stefano Allievi, docente dell’Università di Padova e direttore del Master sull’Islam in Europa, legato al PD padovano e membro del Consiglio per le Relazioni con l’Islam italiano, organismo con funzioni consultive sulle questioni relative alla presenza in Italia di comunità musulmane, che in un intervento dello scorso 21 agosto al centro islamico di Verona, davanti a dirigenti islamisti, alcuni dei quali legati all’area Fratelli Musulmani, aveva incitato i giovani musulmani a entrare nelle istituzioni da egli definite “deludenti” e chiamando alcuni giornalisti “sporche carogne”: “… giovani delusi entrino, facciano lo sforzo come i nostri, di entrare in istituzioni deludenti, la politica, l’arma, l’esercito, i carabinieri, la marina, servizio sanitario nazionale non c’è bisogno perché c’è già pieno di medici che ne fanno parte, li conosco da anni... In riferimento alla presenza di esponenti islamici alle trasmissioni televisive segue: Posso dirlo, ma siamo in una moschea, non posso usare delle parolacce, certo che alcuni giornalisti sono delle sporche carogne, però bisogna andarci, io sono per andarci. Semmai il sacrificio che va chiesto alle leadership attuali, lo dico un po’ così mettendo i piedi nei piatti vostri con delicatezza, è che ci vada chi è preparato, non chi, solo perché è qua da trent’anni, crede di esser preparato”.

Tutto documentato in un filmato, tanto che alcuni media avevano sollevato il caso ritenendo inammissibile che un docente con tali incarichi si esprima in questo modo, rischiando di delegittimare le istituzioni e infuocare certi animi nei confronti di quei giornalisti che non condividono certe posizioni sull’Islam. L’Esecutivo potrebbe quantomeno esprimersi su tale fatto.

C’è poi il caso del giornalista di Repubblica, Carlo Bonini, costantemente impegnato con pezzi che attaccano l’esecutivo del generale Abdelfattah al-Sisi, in prima linea contro i jihadisti in Egitto e contro il radicalismo dei Fratelli Musulmani.

Nella Commissione non c’è poi nessuna presenza di musulmani esperti dell’anti-terrorismo, provenienti da quei paesi che sono da decenni in prima linea contro l’estremismo di matrice islamista.

Come fa notare Sherif El Sebaie, esperto di diplomazia culturale e opinionista di Panorama: "Pur con tutto il rispetto per molti degli stimati docenti e giornalisti che fanno parte della commissione, ho il timore che potrebbero analizzare il fenomeno attraverso le lenti dell’osservatore esterno che non ha mai vissuto in prima persona il fenomeno su cui è chiamato ad esprimersi. Il dibattito estivo sul burkini ha dimostrato che, soprattutto in Italia, alcuni sociologi e giornalisti hanno gravi limiti nell’individuare i sintomi del dilagare dell’ideologia dell’Islam politico che è l’ambiente incubatore ideale per l’estremismo religioso. In Francia, nonostante il parere negativo del Consiglio di Stato, mi sembra che la classe politica – anche grazie all’aiuto degli intellettuali musulmani - sia perfettamente consapevole del pericolo rappresentato da quello che in Italia è stato invece liquidato come un semplice capo di abbigliamento o addirittura come strumento di integrazione. Una commissione che non include neanche un esperto musulmano parte già svantaggiata.

Ma pensandoci bene forse è meglio cosi: il rischio che alcuni di questi sociologi e giornalisti indichino al governo un qualsiasi propagandista dell’Islam politico come membro del tavolo che dovrebbe combattere la radicalizzazione non è neanche tanto lontano, e questo - oltre ad essere un controsenso - sarebbe anche un errore madornale”.

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