Il Pnr, Programma nazionale di riforma, è uno dei due documenti chiave (l'altro è il Def) nei rapporti tra i governi nazionali e l'Unione europea. Quello che il governo si appresta a varare al prossimo consiglio dei ministri assume una valore particolare perché ufficializza la strategia del governo per il post coronavirus; sarà sulla base di questo che Bruxelles comincerà a giudicare le decisioni italiane. Insomma, se la politica è a caccia delle «condizionalità» rispetto agli aiuti europei, cioè di richieste specifiche delle istituzioni Ue alle quali non si può che rispondere, in questo Pnr troverà più di una traccia.
UNO SPIRAGLIO SUL MES
Non c'è un impegno preciso, ma nelle premesse scritta dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri spicca l'appello a non perdere tempo: «Le notevoli risorse che l'Unione Europea ha messo in campo devono essere utilizzate al meglio». Il riferimento non è al recovery plan, al quale è dedicato un paragrafo. Il piano Next Generation, come è stato ribattezzato dalla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, viene definito «un grande passo in avanti e l'occasione per il nostro Paese per rilanciare gli investimenti e attuare riforme», ma le risorse del piano non sono ancora disponibili. Il riferimento del ministro è a quello che c'è al momento: le risorse della Bei, il piano Sure per gli ammortizzatori e, appunto, il Mes che serve a finanziare la sanità. Per le infrastrutture sanitarie servono 32 miliardi. Che è, al netto dei contributi, più o meno quello che potrebbe arrivare dalla nuova linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità.
AUMENTI DELLE TASSE?
È il capitolo più delicato. Il Pnr non entra nel dettaglio, se non nella promessa di un «alleggerimento della pressione fiscale» attraverso a «una riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta». La novità è l'accenno alle imposte indirette, quindi all'Iva. Difficile capire se si tratta del taglio dell'imposta sugli acquisti effettuati con moneta elettronica o una rimodulazione, ad esempio con un passaggio di alcuni beni da un'aliquota ad un'altra. Magari con una motivazione ambientalista. L'obiettivo del governo è infatti quello di ridurre «la pressione fiscale sui ceti medi e le famiglie con figli» e accelerare «la transizione del sistema economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale».
Difficile che la riforma fiscale sia neutra. A qualcuno toccherà pagare il conto. E un indizio sul chi, arriva con l'adesione del governo alle indicazioni della Commissione per «una revisione della tassazione al fine di trasferire l'onere fiscale dal lavoro ad altre voci» anche con l'obiettivo di «ridurre le disuguaglianze». La premessa di una riforma che colpirà i più ricchi con un aumento dell'Iva o inasprimento della tassa sui patrimoni, ma anche sui redditi più alti.
EVASIONE E AMBIENTE
In linea con le richieste dell'Europa, contenute nelle raccomandazioni paese, ma anche nelle bozze di recovery plan, il governo si impegna a ridurre l'evasione e mette nero su bianco «la determinazione a non prevedere nuovi condoni che, generando aspettative circa la loro reiterazione, riducono l'efficacia della riscossione delle imposte». Non manca il solito impegno a riordinare le spese fiscali (non ci è mai riuscito nessuno) e alla spending review, che non pare alla portata del governo.
ARRIVA IL SALARIO MINIMO
Il sussidio caro al M5s è a rischio: «A distanza di un anno dalla sua introduzione, si dovrà valutare l'efficienza e l'efficacia del RdC e cercare di introdurre i necessari miglioramenti». Un po' meno «sostegno alla povertà» e un po' più strumento «in grado di cambiare lo status lavorativo del percettore». Poi l'annuncio dell'introduzione del salario minimo «per rendere più dignitosa la condizione dei lavoratori con salari sotto la soglia di povertà e per aggredire i fenomeni di dumping salariale».
Per quanto riguarda le pensioni, il Pnr cita Quota 100 come una sperimentazione che non verrà ripetuta. Per il post, «valuterà le scelte in materia alla luce della sostenibilità» garantendo tenuta dei conti e «l'equità intergenerazionale». Quindi niente che assomigli alla riforma della Lega.
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