Valentina Carosini
Genova Un'ossessione per l'accesso pedonale ad un terreno, il pensiero di essere lui «vittima di un'ingiustizia». E poi gli spari e le mutilazioni. Ha confessato ieri mattina davanti al gip e al pm di Genova Claudio Borgarelli, 55enne infermiere dell'ospedale San Martino, in carcere da venerdì scorso con l'accusa di essere l'autore del delitto di Lumarzo, avvenuto l'11 ottobre scorso.
«Lui mi ha insultato e sputato addosso, e io non ho capito più nulla», le parole davanti agli inquirenti nell'ammettere l'omicidio dello zio, Albano Crocco, 68 anni, ex infermiere in pensione, con il quale la mattina del delitto aveva avuto un diverbio. Crocco è stato ritrovato ucciso e mutilato nei boschi di Craviasco, a Lumarzo, a poca distanza dalla sua abitazione. La confessione di ieri è arrivata tra le lacrime, durante l'interrogatorio di garanzia, nel carcere di Marassi, e a sorpresa: Borgarelli per giorni si era dichiarato estraneo ai fatti, nonostante l'accusa di omicidio aggravato premeditato, occultamento e sottrazione di cadavere. La testa della vittima non è mai stata ritrovata. Il movente era già stato individuato dai carabinieri di Genova e dalla procura: quello legato alle controversie riguardanti l'utilizzo dell'accesso pedonale e carrabile ad un terreno, per il quale Borgarelli - che voleva chiudere il tratto alle auto - aveva avuto discussioni non solo con la vittima ma anche con altre persone della zona. La mattina del delitto, ha ammesso lui stesso, vista la macchina di Crocco parcheggiata sul vialetto e i paletti divelti, lo ha raggiunto nel bosco, armato. «Ha raccontato che si sarebbero parlati - spiega il suo avvocato, Antonio Rubino - e poi lo zio gli avrebbe rivolto ingiurie e uno sputo». L'infermiere in sede di interrogatorio ha detto di aver colpito l'uomo con due colpi di pistola, e poi di avergli tagliato la testa con il machete. Neanche lui sa il perché di quel gesto. Poi ha cercato di coprire il delitto: presi un sacco - per far sparire il cranio - e una corda, è tornato sul posto.
I sacchi con i reperti sono stati buttati in quei cassonetti ritratti nelle immagini delle telecamere vagliate dai carabinieri che hanno incastrato l'assassino: due contenitori di rifiuti a Genova, in Valbisagno, e non vicino a casa come aveva inizialmente ricostruito. La difesa ora valuta la richiesta di perizia psichiatrica per Borgarelli, che resta in carcere sotto stretta osservazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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