Jean-Claude Arnault aspetterà la sentenza in cella. Così ha chiesto la procuratrice Christina Voigt e così ha stabilito ieri il giudice. Il fotografo franco-svedese, 72 anni, al centro dello scandalo molestie che ha messo in crisi l'Accademia di Svezia, è stato messo in custodia cautelare per «pericolo di fuga all'estero». «Rischia una lunga pena detentiva e potrebbe essere molto allettante per lui essere lontano in caso di condanna», ha spiegato Voigt. L'accusa ha anche chiesto un minimo di 3 anni di carcere per Arnault, a processo per due episodi di violenze sessuali risalenti al 2011.
La vicenda non è semplice da ricostruire, ma il meccanismo che ha messo in moto Arnault è il motivo per cui né quest'anno, né probabilmente il prossimo, il premio Nobel per la letteratura verrà assegnato per la prima volta in 69 anni. Tutto ha inizio a novembre del 2017, un mese dopo lo scoppio del caso dell'ex produttore di Hollywood Harvey Weinstein. Sull'onda del movimento #metoo, 18 donne accusano di stupro e molestie il fotografo, marito dell'allora membro dell'Accademia Katarina Frostensonuna. L'ente che assegna il Nobel, a quel punto, avvia un'indagine interna sui propri rapporti con il presunto aggressore, da cui tra l'altro emerge che quest'ultimo aveva più volte lasciato trapelare in anticipo informazioni riservate sui nomi dei vincitori e che l'Accademia, in conflitto di interessi, finanziava il centro culturale di Arnault, «Forum». L'Akademien, quindi, interrompe le sovvenzioni, ma senza denunciare l'organizzazione come invece suggerito dalle conclusioni dell'indagine. Così 6 membri su 18 - compresa la moglie di Arnault - si dimettono per protesta e si decide la sospensione del riconoscimento letterario.
Il processo aperto a carico del fotografo riguarda solo due episodi e un'unica vittima, il cui nome non è stato diffuso. Tra il 2 e il 3 dicembre 2011, in un appartamento di Stoccolma, il 72enne l'avrebbe costretta a delle relazioni sessuali mentre questa era in condizioni di «intensa paura». Questi sono gli unici per cui la procura ha stimato di disporre di elementi sufficienti a imbastire il processo, cominciato mercoledì scorso a porte chiuse con la testimonianza di 7 persone, incluso lo psicoterapeuta della donna. Diverse altre denunce a carico dell'uomo sono state archiviate per mancanza di prove o sono finite in prescrizione.
Arnault si è finora sempre dichiarato innocente. Il suo avvocato ha detto che non si aspettava la richiesta della custodia cautelare e che il suo assistito, sentita la decisione della corte, è rimasto «scioccato» ed «è diventato silenzioso».
Il legale ha anche contestato l'argomentazione del pubblico ministero sul rischio di fuga: «Arnault vive in questo Paese, sua moglie è qui, ha una casa qui», ha detto, ricordando che l'imputato ha partecipato a tutti gli interrogatori a cui è stato convocato. «Questo è solo il primo tempo - ha aggiunto -, se arriverà una condanna faremo ricorso».
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