Da un lato una nomina tutto sommato vuota, che dura lo spazio di 90 giorni. Dall'altro la matrice, fatta da chi amico dell'Italia non lo è mai stato (al contrario dell'istituzione che rappresenta). Le conseguenze ci saranno, sul piano personale, come ripete il ministro della Difesa Guido Crosetto a proposito dello sgarbo di Jens Stoltenberg che, da numero uno della Nato ancora per poco, ha nominato uno spagnolo come inviato del Fronte Sud della Nato. Ma se sul piano pratico si tratta di una casella a tempo determinato, dal momento che a ottobre spetterà al nuovo segretario dell'alleanza, Mark Rutte, ridefinire ruoli e settori, dal punto di vista dell'immagine e del comportamento è «un affronto personale, una profonda delusione», ha precisato.
La presa di posizione del ministro della Difesa era quantomai opportuna, perché Stoltenberg è stato «guidato da logiche di appartenenza politica, venendo meno alla prima delle sue responsabilità, essere super partes». La questione, al di là della nomina trimestrale dello spagnolo Javier Colomina, già Vice Segretario generale aggiunto per gli affari politici e la politica di sicurezza e Rappresentante speciale del Segretario generale per il Caucaso e l'Asia centrale, (quindi uomo di Stoltenberg), riguarda adesso il futuro: ovvero come dal prossimo autunno verrà individuato il vero commissario Nato per il fronte sud e se ci sarà la possibilità di avere anche una sponda territoriale in Italia, visto che era circolata anche l'opzione di Napoli come hub logistico dedicato.
Una possibilità che si lega a doppia mandata alle scelte che Palazzo Chigi ha messo in campo fino ad oggi in ambito Nato, ultima delle quali l'aumento della spesa militare, anche maggiore rispetto ad altri partner europei, così come annunciato da Giorgia Meloni in occasione del recente vertice di Washington.
La vera scelta politica sulla Nato non è tanto la nomina del rappresentante ma il fatto di avere inserito nell'agenda la difesa del lato sud dell'Europa, ha commentato il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera dei deputati Tommso Foti, nella consapevolezza che questo è un merito che va attribuito senza dubbio a Giorgia Meloni. «In politica valgono indubbiamente le cariche ma anche molto le scelte politiche che vengono fatte perché chi ha la carica deve poi attuare anche delle scelte politiche. E queste mi sembrano chiare». Secondo Raffaele Nevi, vicecapogruppo vicario alla Camera e portavoce di Forza Italia la nomina alla Nato «non è stata una cosa bella ma sbaglia chi mischia tra quanto avvenuto e le questioni europee, Meloni ha dato una indicazione positiva su Rutte che sarà il prossimo segretario della Nato e quello che avviene all'estero non dobbiamo leggerlo con la lente della politica italiana. Noi siamo uno dei paesi più importanti del mondo, con un governo stabile e una linea politica estera chiara che rimarrà così fino alla fine della legislatura».
Cosa fare di qui a ottobre, dunque? In primis spicca l'esigenza di conoscere in dettaglio le potenzialità del contenitore Fronte Sud, quindi quali poteri e strumenti avrà; in secondo luogo come si intreccerà la sua azione con la battaglia per scorporare le spese della Difesa dal patto di Stabilità, come chiesto da Crosetto.
Un passaggio particolarmente sentito dal governo, dal momento che mentre l'Ue si deve concentrare necessariamente sul fronte est (che significa Ucraina) e gli Usa sul Pacifico (che significa Cina e Taiwan) il punto fermo per la Nato e l'Italia si chiama Mediterraneo, dove la candidatura italiana è la più naturale possibile anche alla luce del Piano Mattei per l'Africa. Mare nostrum vuol dire migranti, geopolitica e relazioni con il continente nero: tutte priorità che il governo Meloni, più di altri, ha messo nero su bianco sin dall'inizio.
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