"Non c'è solidarietà sul dossier energia. Altro che Europa, dobbiamo fare da soli"

Il presidente di Federacciai: "I rigassificatori di Piombino e Ravenna sono necessari. E con il nucleare sloveno tamponiamo l'emergenza"

"Non c'è solidarietà sul dossier energia. Altro che Europa, dobbiamo fare da soli"

È stato l'unico imprenditore italiano invitato come relatore all'Energy Business Forum Algeria-Unione Europea, tenutosi ad Algeri l'11 e il 12 ottobre scorsi. Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ci racconta come è andato il summit. «L'Algeria ha presentato un piano da 50 miliardi che dovrebbe portare la produzione di gas da 120 miliardi attuali a 160 di metri cubi annui, da dare all'Europa. Ma chiedono un sostegno del 10 per cento sull'investimento e un trasferimento di tecnologie per rinnovabili e idrogeno».

Quale è stata la riposta Ue?

«Sia la commissaria europea Kadri Simson che i funzionari non sono riusciti ad andare più in la della litania sul Fit for 55. Che è una strategia un po' contraddittoria, perché da una parte chiede aiuti sul gas agli stranieri, dall'altra prevede un taglio dei consumi in Europa di oltre 70 miliardi di metri cubi nei prossimi 15 anni».

Il piano Ue non va bene?

«Vanno avanti su Fit for 55 come se non fosse successo niente nell'ultimo anno. Questo perché sulla politica europea energetica non c'è solidarietà fra i diversi Paesi, né un modello chiaro: si riaccendono centrali a carbone, i tedeschi hanno confermato l'intenzione di spostare la chiusura del nucleare mentre ci bloccano sul gas».

L'Italia può fare da sola?

«Noi siamo nel mezzo di un mare di gas che è il Mediterraneo, se arrivano i rigassificatori di Piombino e Ravenna ne avremo cinque, siamo il Paese europeo che ha maggior numero di pipeline, siamo l'hub naturale di giacimenti, e abbiamo le tecnologie per decarbonizzarlo. Ma c'è una ideologia astratta che dice che gli idrocarburi non vanno bene neppure se sono decarbonizzati. Dobbiamo fare una battaglia in Europa sul gas così come la Francia è riuscita a imporre nella tassonomia il nucleare di quarta generazione».

Nel frattempo voi di Federacciai siete andati in Slovenia a investire sul nucleare?

«Stiamo discutendo con Ansaldo Energia di una proposta da fare agli sloveni per partecipare al capitale necessario per costruire il nuovo modulo per la centrale nucleare slovena da 1.200 megawatt e prenderci un terzo dell'energia prodotta. Il nucleare di quarta generazione sarà pronto tra 15 anni, noi abbiamo bisogno di energia di base decarbonizzata subito e l'unica che possiamo trovare è quella fuori dai confini nazionali».

Perché lei continua a parlare di energia decarbonizzata?

«L'Europa ha compiuto la scelta della lotta al climate change e non verrà messa in discussione, nemmeno noi vogliamo metterla in discussione. Noi contestiamo le modalità con cui questa scelta viene imposta. Io ho fatto questo esempio agli algerini: l'industria siderurgica italiana lavora 8mila ore l'anno, anche se compro tutta l'energia rinnovabile che trovo posso coprire 2.500 ore al massimo, e le altre 6 mila? Ho bisogno di energia decarbonizzata: o turbogas con carbon capture o il nucleare di quarta generazione».

Che cosa chiedete al nuovo governo?

«Di convocare al Mise il tavolo della siderurgia con imprenditori e sindacati. Ma il ministero dello Sviluppo deve riprendersi tutte le deleghe.

Dall'arrivo dei governi Conte ha perso tutte le competenze che sono state spostate in vari ministeri: Commercio estero alla Farnesina e energia al Mite. Vanno fatte rientrare tutte al Mise per farlo tornare a essere il Palazzo della politica industriale in Italia, perché oggi si occupa solo di aree di crisi ed è una cosa senza senso».

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