Islam assassino: non ci arrendiamo

È una guerra contro il nostro stile di vita e la libertà. E per difenderci ora dobbiamo attaccare

Islam assassino: non ci arrendiamo

La parola «guerra» rimbalza da Parigi nelle capitali europee. Si mobilitano servizi segreti, polizie e, per la prima volta in Italia, si mette in allerta l'esercito. I morti di Parigi scuotono un'Europa che da tempo assiste compiaciuta al suo decadimento, che ha commesso l'errore fatale di dare il via libera a una invasione ostile (uno dei terroristi di venerdì era sbarcato da un barcone come profugo poche settimane fa) e che poi si è più preoccupata di mettere a tacere le presunte «destre xenofobe» piuttosto che combattere l'Islam assassino. La vera «emergenza umanitaria» del nostro tempo non sono le ondate di clandestini che ci arrivano addosso ma la difesa delle nostre vite di occidentali e cristiani, di quelle dei nostri figli da ieri mai più al sicuro nelle loro città, nei loro stadi, teatri, ristoranti, sugli aerei.La vera «umanitá» in pericolo siamo noi. Invece le sinistre e la burocrazia europea hanno azzerato le nostre difese con leggi permissive, hanno emesso sentenze giudiziarie che introducono le «attenuanti culturali» per giustificare crimini commessi da una civiltà inferiore, quella islamica, in nome di un dio, Allah, feroce e spietato, hanno fatto chiudere le nostre mostre d'arte con opere a sfondo cristiano e cancellato il Natale per non offendere il conquistatore. E adesso piangiamo, da veri coccodrilli, la morte dei nostri figli e amici, in una escalation di orrore che, come giurato ieri dall'Isis, è solo all'inizio. In dieci mesi si è passati dai dodici morti di Charlie Hebdo, ai duecento dell'aereo russo partito da Sharm, ai 129 (bilancio provvisorio) della notte di Parigi. Quanti saranno quelli della prossima strage, e dove? Impossibile dirlo, il fronte di questa guerra non è un confine, siamo noi, ovunque ci troviamo. Ragazzi kamikaze contro ragazzi che bevono una birra a casa loro. Non c'è storia, vinceranno loro questa guerra impari fatta di agguati e di attese tra una strage e l'altra. Colpire con missioni suicide e poi sparire è una tecnica militare sperimentata dai vietcong in Vietnam e dai talebani in Afghanistan, contro la quale non hanno potuto nulla i più potenti eserciti del mondo, quello americano e quello sovietico, usciti sconfitti dall'estenuante confronto. Figuriamoci cosa possono fare forze dell'ordine eroiche ma sottodimensionate, male attrezzate e poco pagate, spesso imbrigliate da regole di ingaggio e leggi che sembrano fatte per favorire il nemico.L'unico spiraglio di salvezza ora sta in quella parola «guerra» pronunciata ieri sia dal presidente Hollande che da Papa Francesco, entrambi in ritardo rispetto ai profetici scritti di Oriana Fallaci, fatta passare anche per questo per una pazza visionaria. Se è vero che c'è una guerra in corso bisogna essere conseguenti, sia sul piano delle relazioni internazionali (per esempio la Russia di Putin sarebbe un alleato decisivo e non un nemico da punire con sanzioni) che sul fronte interno, europeo e nazionale. Dalla libera circolazione tra stati alle politiche sull'accoglienza, tutto va rivisto in chiave emergenziale, sospendendo se è il caso anche alcune libertà o principi democratici come accadde in America all'indomani degli attacchi alle Torri Gemelle. In guerra, il nemico - dichiarato o potenziale - lo si tiene fuori dai confini, non lo si fa circolare liberamente per casa, non lo si aiuta a mettere radici.Se qualcuno trova tutto questo esagerato lo invito ad ascoltare e riascoltare gli audio - disponibili su internet - del fragore delle bombe che esplodono allo stadio di Parigi, le urla dei ragazzi trucidati nel teatro. Domani - che Dio non voglia - potrebbero essere le voci dei nostri figli e nipoti.

Per questo noi non ci arrendiamo all'Islam assassino né ai suoi sciagurati complici occidentali, che negando l'evidenza ci mettono tutti a rischio. Siamo in guerra e combattiamo con l'arma che abbiamo in dotazione: la libertà di dire ciò che pensiamo.

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