"Non sembra un uomo preoccupato. Cerco di non pensare che lui è il boss"

Il medico che curerà "U Siccu" in prigione: "Mi ha stretto la mano ed è stato gentile. Devo eliminare le emozioni, per me è solo un paziente"

"Non sembra un uomo preoccupato. Cerco di non pensare che lui è il boss"

«Cerco di non pensare che sia un boss di mafia. Faccio il medico e per me lui è un paziente. Punto». Luciano Mutti, primario del reparto di oncologia a gestione universitaria dell'ospedale San Salvatore de L'Aquila, ha incontrato Matteo Messina Denaro martedì pomeriggio nel carcere Le Costarelle e d'ora in avanti lo seguirà per tutto il ciclo di chemioterapia, con sedute che, per ora, verranno svolte ogni 15 giorni a cominciare da oggi.

Mutti, fa un certo effetto curare il mandante delle peggiori stragi d'Italia. Che sensazione le ha fatto?

«Dimentico la sfera emotiva, non sta a me giudicare, e faccio il mio lavoro. Dalla mia mente elimino tutte le emozioni a riguardo e mi affido a un approccio medico, professionale. È un mio dovere».

Come è andato il primo incontro?

«È stata una visita molto lunga, abbiamo parlato e ho analizzato la sua cartella clinica, guardando gli esami e il percorso di terapie che ha seguito finora».

Lui come le è sembrato?

«Ovviamente non posso raccontare quello che ci siamo detti. Posso dire però che mi sono trovato di fronte un uomo gentile. Mi ha stretto la mano per presentarsi e si è comportato come un paziente normale. Mi ha fatto varie domande, tutte inerenti la malattia, ed ha acconsentito al trattamento di chemioterapia».

Le sue condizioni di salute sembrano molto gravi. Lui se ne è reso conto?

«Non l'ho visto particolarmente preoccupato: né per il carcere né per le sue condizioni di salute. O meglio, lo è come lo può essere una persona nel suo stato».

La chemio comincerà oggi stesso.

«Sì, martedì ho steso una lista di tutto il materiale medico necessario per impostare la terapia oncologica. Ho chiesto infusori, aghi e tutto ciò che serve per la chemio. L'azienda sanitaria ha già provveduto a inviare al carcere un camioncino con tutto il materiale necessario. Siamo riusciti ad attrezzare una stanza vicino alla cella in modo funzionale».

Nessun trattamento di favore però.

«No, solo esigenze mediche, come avremmo fatto per chiunque altro. Anzi, questa è l'occasione per lanciare un messaggio importante: e cioè che le istituzioni assicurano il diritto alle cure al cittadino, a ogni cittadino. Anche in un caso come questo».

Lei è arrivato da poco a L'Aquila. Immagino la sua sorpresa.

«Sono all'ospedale San Salvatore solo da ottobre. Ho trascorso molto tempo negli Stati Uniti e in Inghilterra. Anni fa ho lavorato per una quindicina di anni a Vercelli. Ammetto che mai avrei pensato di imbattermi in tutto questo ma non sono un fautore della vita tranquilla. Spesso sfocia nella noia e da quella rifuggo sempre».

La sua famiglia cosa dice?

«Ovviamente lo stupore c'è stato, sia per la notizia dell'arresto sia per il mio incarico. Ne abbiamo parlato.

Mia moglie però mi conosce, mi segue in tante cose in giro per il mondo e sa che non mi tiro indietro. Farò il mio dovere, andrò in carcere tutte le volte in cui sarà necessario e, durante le visite, sarò sotto il controllo delle guardie penitenziarie».

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