Delle luminose carriere compiute dai giudici che hanno nel corso dei decenni partecipato ai processi contro Silvio Berlusconi si sapeva già: come se avere contribuito all'incriminazione e alle condanne del Cavaliere avesse fatto improvvisamente rifulgere le loro qualità. A questa catena di successi professionali ieri si aggiunge il più brillante di tutti, perchè scaglia il protagonista fuori dalle fila della magistratura e lo innalza nel cuore del potere politico. Si tratta di Antonello Mura che quando lavorava in Cassazione fu il grande accusatore dell'ex presidente del Consiglio nel processo per i diritti tv.
Già negli anni successivi il ruolo svolto nel chiedere e ottenere la condanna definitiva di Berlusconi aveva portato bene a Mura: da semplice sostituto procuratore in Cassazione era stato promosso a procuratore generale di Roma. Un posto dal prestigio e dal potere quasi sconfinato (sulla sua scrivania passano tutte le intercettazioni dei servizi segreti) che Mura sembrava destinato a occupare fino al pensionamento che lo attende a novembre del 2024. Invece ora arriva l'annuncio a sorpresa: il nuovo ministro della Giustizia Carlo Nordio ha deciso di portare Mura al suo fianco, mettendolo a capo dell'ufficio cruciale del ministero di via Arenula. Mura sarà il capo dell'ufficio legislativo, la macchina che dà forma concreta ai provvedimenti decisi dal governo. Un potere dentro il potere, che con le sue scelte è in grado di condizionare le scelte dell'esecutivo. Una parola, un comma in più o in meno e la legge assume spesso una portata differente.
Ora a occupare quella poltrona cruciale va Mura. L'alto profilo giuridico del personaggio è fuori discussione. E altrettanto chiaro è che Mura non è in alcun modo sospettabile di essere una «toga rossa», avendo militato da sempre nella corrente conservatrice di Magistratura Indipendente (e proprio questo forse gli ha impedito di venire nominato procuratore generale della Cassazione). Ma è inevitabile che il ruolo svolto nel processo al leader di Forza Italia torni a brillare nel suo curriculum ora che approda in un posto chiave di un governo che si regge grazie all'appoggio del suo ex imputato Berlusconi.
Il processo che vide Mura protagonista non fu d'altronde uno qualunque dei tanti processi all'ex premier: fu l'unico che pervenne a una condanna definitiva, e fu anche l'unico sulla cui regolarità si allungarono poi molte ombre. Renato Franco, uno dei giudici che emisero la sentenza, confidò di essere stato in dissenso, e che tutto era già stato deciso prima. Si scoprì anche che il fascicolo era destinato a un'altra sezione, e che una serie di anomalie permisero che arrivasse alla sezione presieduta dal giudice Antonio Esposito. «È curioso che su quella storia continuino ad affiorare dettagli inediti e meritevoli di approfondimento», fu allora il commento di Carlo Nordio. «È una vicenda che dev'essere chiarita, io mi aspetto che si accerti come andarono le cose».
Ora Nordio chiama accanto a sè Mura: il valore del personaggio evidentemente travalica gli strascichi di quella vicenda.
E la scelta sembra confermare l'approccio grintoso del nuovo Guardasigilli al suo ruolo: ben illustrato anche dalle esternazioni che ieri Nordio riserva ai problemi dell'apparato giudiziario, le cui drammatiche lentezze, dice, costano «tra i trenta e quaranta miliardi l'anno, il 2 per cento del pil». Tra le proposte, la più rivoluzionaria: assumere il personale giudiziario su base regionale, per dire alt al fenomeno dei trasferimenti al Sud dei cancellieri di origine meridionale.
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