Cauto, ma visibilmente seccato da un «incidente» che getta un'ombra sul suo ministero e sull'intero governo, il Guardasigilli Carlo Nordio parla alla Camera prima e al Senato poi del caso Cospito. Che nel frattempo è diventato il caso Donzelli-Delmastro, grazie alla gazzarra scatenata dal primo e dalle informazioni «sensibili» e «riservate» divulgate dal secondo e usate dal primo per attaccare il Pd.
Nordio blinda l'applicazione a Cospito del 41bis: «Accettare pressioni aprirebbe la diga». Ma evita di difendere sia il deputato Donzelli che il suo sottosegretario Delmastro, meloniani doc, dalle pressanti richieste di dimissioni delle opposizioni. Si limita a spiegare di aver avviato un'inchiesta «interna» per «verificare il livello di segretezza delle informazioni divulgate, e chi potesse accedervi», ricorda che sul caso è stata anche aperta un'inchiesta della Procura di Roma (di cui «tener conto», ma che «dietro la quale non ci pareremo»), e annuncia che una volta fatte le verifiche «riferiremo» sulle conclusioni.
Il sottosegretario Delmastro, del resto, si è autodenunciato: è stato lui a raccontare al suo coinquilino (nonché vicepresidente del Copasir) Donzelli cosa si dicevano i mafiosi e Cospito al 41bis. «Non può restare al suo posto», dicono in coro le opposizioni. «Ha pregiudicato le indagini e la sicurezza dello Stato», dicono le capogruppo dem Serracchiani e Malpezzi.
Ma il «vero punto politico» lo solleva Matteo Renzi, dichiarando il sostegno del Terzo Polo al «gentiluomo garantista Nordio» e alle sue proposte di riforma della giustizia, e chiamando in causa la premier: «C'è o non c'è un profondo contrasto tra la visione di Nordio e il giustizialismo forcaiolo» espresso da «due colonne meloniane» come Donzelli e Delmastro, che non perdono occasione «per dire il contrario» di quel che dice il ministro? E da che parte sta Meloni? Renzi difende anche il 41bis, «vittoria della politica contro la criminalità» mentre «alcuni ex magistrati antimafia» inseguivano «fantomatiche trattative smentite dai giudici» ma usate «per costruire carriere da pm e poi in politica». Si inalbera nervosissimo l'ex magistrato Scarpinato (oggi peone 5s): «Faccia tosta!», grida. Renzi sbotta: «Fallito!». Poi replica: «Si sente chiamato in causa? Confermo, mi riferivo proprio a lui. E lo invito a spiegarci le strane frequentazioni con Palamara e i folli atteggiamenti contro le istituzioni, come ben sa Napolitano. Si vergogni».
Anche da Fi arrivano prese di distanza dai due esponenti Fdi: a Donzelli «è scappata la frizione», dice Giorgio Mulè: «Ha gettato un cerino nel pagliaio. E voglio pensare che Meloni fosse totalmente all'oscuro» della improvvida iniziativa dei suoi. Mentre Pierantonio Zanettin bacchetta: «Serviva maggior prudenza nelle esternazioni». Ora Nordio verifichi «se si trattava di dati segreti, riservati o liberi» e ne tragga «le conseguenze giuridiche e politiche: accetteremo con serenità ogni decisione». Dimissioni incluse. A pungere il bipolarismo (alternativamente garantista e manettaro) e le amnesie della sinistra è Saverio Romano de I Moderati. Che ricorda come a sollevare dubbi sulla gestione «politica» del 41 bis furono, «20 anni fa», solo lui e il giurista progressista Giuliano Pisapia, non certo il Pd, allineato alle invocazioni del carcere duro, anzi durissimo.
Ma le opportunistiche ipocrisie del dibattito di ieri raggiungono un apice siderale quando la rappresentante M5s Baldini si sdegna contro chi «utilizza informazioni giudiziarie sensibili per attaccare avversari politici». Che, detto da un grillino, è il massimo. Intanto Giuseppe Conte dà una mano a Meloni, annunciando una mozione contro Delmastro che aiuterebbe a ricompattare la maggioranza.
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