Notre-Dame riapre le porte. "Realizzato l'impossibile"

A 5 anni dal rogo la cerimonia con i potenti (e Musk). Macron: "Grande nazione, restituita al mondo". Tributo a Zelensky, la sfilata dei pompieri

Notre-Dame riapre le porte. "Realizzato l'impossibile"
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La rinascita di Notre-Dame cinque anni (e otto mesi) dopo l'incendio che la divorò sotto gli occhi attoniti del mondo è diventata realtà ieri sera a Parigi. Per il presidente francese, l'ora di raccogliere i frutti in termini di immagine e leadership rispetto a una promessa mantenuta: ricostruire la cattedrale in cinque anni «ancora più bella di prima». Inevitabile che la riapertura, a cui hanno partecipato circa 50 tra capi di Stato e di governo e anche Mattarella e Meloni, poi finanziatori del restauro e personaggi del momento come Elon Musk, si trasformasse dunque immediatamente in una celebrazione del ruolo svolto da Emmanuel Macron.

Pur con qualche mese di ritardo, Macron ha portato a casa il risultato. Questione personale, oltreché politica, avendo seguito ogni fase del processo di recupero del gioiello gotico dopo le fiamme del 15 aprile 2019. Allora disse che bisognava «trasformare la catastrofe in opportunità, per diventare migliori di come siamo». E se nel 2019 voleva disinnescare la crisi dei gilet gialli che all'epoca teneva in scacco il suo governo, da ieri Notre-Dame è diventata una «metafora». Di «fraternità di un popolo e universale», ha detto Macron, ma soprattutto «di ciò che le grandi nazioni possono fare, realizzare l'impossibile con l'impegno di tutti». Messaggio chiaro, da far intendere anzitutto ai partiti che contestano le sue scelte da cinque mesi. Cattedrale piegata dunque a una nuova esigenza politica: formare al più presto un governo di larghe intese dopo la crisi certificata dalla caduta del premier Barnier, ma innescata soprattutto dall'esito di un voto da lui cercato e irrisolto. Dopo i dieci minuti declamati davanti agli «ospiti» - entrati ore prima e costretti dal protocollo a sostare al freddo all'esterno della cattedrale uno a uno affinché Macron si facesse fotografare con ognuno di loro davanti alla facciata di Notre-Dame - la riapertura è diventata il jolly da giocarsi nel momento di instabilità politica ed economica più grave della V repubblica. Prima c'era stato l'incasso diplomatico della giornata, con le porte dell'Eliseo aperte per Trump e Zelensky (standing ovation per lui nelle cattedrale) e la stretta di mano tra i due leader, con Macron che mostrava il pollice su ai fotografi. Discorso infine pronunciato all'interno del gioiello gotico; ufficialmente causa pioggia, ma in realtà l'Eliseo aveva già spinto molto nelle scorse settimane con l'arcivescovo proprio perché così andasse, a prescindere dal meteo e in barba alla laicità. Neppure De Gaulle osò tanto. Nel 1962 a Reims per la riconciliazione franco-tedesca il generale ascoltò in silenzio l'omelia del cardinale Marty con Adenauer. Macron è invece un presidente pigliatutto: persone, cose, chiese, ruoli.

L'incertezza politica si è riverberata però pure sul cerimoniale. Ogni sedia dentro Notre-Dame aveva infatti un nome sopra, nelle prime file. A partire da quella riservata a Trump, con bandiera statunitense e per sua espressa richiesta seduto alla destra di Macron.

Su quella riservata a Barnier, capo del governo sfiduciato e in carica per gli affari correnti, gli organizzatori hanno scritto soltanto «signor primo ministro», non sapendo se avrebbe rappresentato lui l'esecutivo o qualcun altro come François Bayrou; in cima al toto-nomi per Matignon. Oggi la messa vera a propria con vescovi e fedeli. Domani riprenderanno le consultazioni all'Eliseo per capire se le condizioni per larghe intese, con sufficiente sostegno parlamentare, ci siano davvero.

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