«Non dormiamo da ore, le regole di ingaggio le conoscete anche voi. Vanno recuperati, portati a terra, poi all'hotspot di Contrada Imbriacola da dove, se va bene, entro un paio di giorni saranno caricati sulle navi quarantena. Siamo stanchi, sì, perché a lungo andare il rischiare la vita ti mette a disagio. Abbiamo famiglie che ci aspettano, a casa»: è lo sfogo di uno dei militari impegnati nel recupero dei migranti al largo di Lampedusa.
La notte tra sabato e domenica è stata drammatica. Prima il «salvataggio» di un vecchio peschereccio con 440 immigrati provenienti da Eritrea, Egitto, Somalia Bangladesh, Marocco partiti da Zwara tre giorni fa, per loro stessa ammissione, poi l'arrivo di altri due natanti con sopra cento persone ciascuno, quindi un barcone con una quindicina di tunisini e poi altre imbarcazioni, per un totale di circa 1.400 clandestini sbarcati. Un record di arrivi. «Loro mandano in panne il motore - spiega un finanziere - per dar luogo all'evento Sar. Dicono che si è rotto e noi siamo costretti a soccorrerli. Funziona così da sempre. Le istituzioni? Sanno bene come va la cosa, il Viminale è informato, ma i vertici se ne infischiano». Gli fa eco un collega della costiera: «Molti di loro sono malati, hanno la tosse, si grattano. Sono salito sul barcone più grande, c'era un odore terribile. Non so come fanno a viaggiare in quelle condizioni. È palese che molti di loro siano malati e noi rischiamo di contrarre qualche malattia, non solo di Covid». Mentre Lampedusa è in zona rossa ai migranti tutto è concesso. Tanto per ognuno di loro c'è il sistema dell'accoglienza che guadagna. Operatori, responsabili dell'hotspot, sanitari, volontari, personale delle navi quarantena, ditte appaltatrici dei trasporti. L'importante è far cassa sulla carne umana. Mentre il governo continua a parlare di accordi con Libia e Tunisia che stentano a partire e le solite favolette della domenica, raccontate a un popolo che continua a fare rimostranze sui social e a indignarsi, sono diventate una consuetudine. Perché gli italiani li puoi anche chiudere in casa, ma guai a toccare i poveri migranti che magari, come vorrebbe il segretario del Pd Enrico Letta, un giorno avranno anche lo Ius Soli e il diritto di voto. L'importante è crederci. Ma gli uomini e le donne in divisa questa storia la conoscono bene. «Siamo pronti a ogni ora - dicono - a prendere questa gente in mare. Sono quasi tutti uomini e giovani. Le donne sono pochissime, una ogni cento soggetti. Le mettono lì per far passare la storiella che scappano dalla guerra e che sono tutte famiglie disperate. Invece sono tutte persone che poi in Italia rimarranno a bivaccare nel migliore dei casi e a delinquere nel peggiore. Noi per 1.200 euro al mese rischiamo di ammalarci, spesso senza straordinari pagati. Con turni massacranti perché abbiamo fatto un giuramento e lo dobbiamo rispettare». L'esasperazione è tangibile. «A noi dispiace per i lampedusani - proseguono - perché a ogni sbarco vediamo gente al porto arrabbiata perché vede l'isola invasa. Il sindaco Totò Martello? Come non ci fosse. Lui si è già fatto il vaccino usufruendo con alcuni familiari delle dosi avanzate, scavalcando anche qualche settantenne.
Che importa a lui del rischio che corriamo ogni giorno».Sul porto ci sono anche Attilio Lucia e Rosario Costanza, coordinatori di Lega e Forza Italia, che da anni combattono contro l'invasione e che parlano di «situazione non più tollerabile».
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