È la nuova cortina di ferro tra superpotenze. Dal Medioriente alla Cina, le partite riaperte

Nemmeno Churchill e Roosevelt si erano spinti a definire Stalin "un killer". Questa uscita peggiorerà i rapporti con Pechino e avvicinerà i sauditi a Mosca

È la nuova cortina di ferro tra superpotenze. Dal Medioriente alla Cina, le partite riaperte

Nella foto scattata a Yalta nel febbraio 1945 icona dell'ordine mondiale impostosi dopo la caduta del nazismo, il premier inglese Winston Churchill e il presidente americano Franklin Roosevelt siedono con un Josef Stalin considerato responsabile della morte di oltre un milione di avversari eliminati durante le cosiddette «purghe». Eppure Churchill, Roosevelt e i loro successori si guardarono bene, finché Stalin fu in vita, dal definirlo un assassino. Nel 1956 l'invasione sovietica dell'Ungheria causò la morte di oltre 2600 insorti. Eppure durante la crisi dei missili di Cuba il presidente americano negoziò proprio con quel Nikita Kruschev responsabile, sei anni prima, del via libera ai carri armati di Mosca. Proprio per questi precedenti, avvenuti quando la divisione del mondo era assai più radicale, sorprende che il presidente americano Joe Biden arrivi a definire «assassino» Vladimir Putin.

Insofferenze, odi e accuse personali sono tradizionalmente bandite dalla diplomazia e dalla grande politica in quanto capaci di creare divisioni insormontabili difficilmente governabili dalla ragion di stato. L'attuale scenario internazionale ne è la dimostrazione. Joe Biden fa da tempo intendere di volere spostare la contrapposizione internazionale su quel fronte indo-pacifico dove l'indiscusso nemico strategico è la Cina del presidente Xi Jinping. Misurarsi con la Cina dopo aver definito «assassino» il presidente russo equivale, però, a far i conti con due potenze nemiche anziché una. Senza contare il diverso trattamento verbale riservato a un Xi Jinping che nessuno a Washington definisce «assassino» nonostante abbia fatto morire in detenzione il premio Nobel per la pace Liu Xiao Bo e abbia istituzionalizzato la deportazione in lager e campi di lavoro di centinaia di migliaia di musulmani uighuri. E a rendere ancor più singolare l'epiteto riservato a Putin s'aggiungono le ammissioni, diffuse martedì, secondo cui la Casa Bianca starebbe tentando di contattare un regime di Pyongyang tristemente noto per le sue brutali operazioni di repressione interna.

Ma le accuse rivolte a Putin rischiano di pesare anche su quell'Europa che guardava a Biden come a un ritrovato interprete del multilateralismo su scala globale. Il tanto rimpianto multilateralismo minaccia, invece, di lasciar posto alla ricomparsa, seppur su latitudini più orientali, della «cortina di ferro» caduta nel 1989. In un clima di contrapposizione inevitabilmente più rigido molti paesi europei sarebbero costretti a scegliere tra le tradizionali posizioni atlantiste e i fruttuosi rapporti economici intrecciati con la Russia post-sovietica. E questo è sicuramente il caso dell'Italia titolare di un export-commerciale da oltre 7 miliardi che ne fa il quinto fornitore di Mosca. Ed è anche il caso della Germania di Angela Merkel già minacciata dalle sanzioni per quel gasdotto North Stream che, una volta completato, garantirebbe energia a prezzi concorrenziali a tutta l'industria tedesca.

L'irrigidimento innescato dalle parole di Putin rischia di farsi sentire anche in quel Medio Oriente dove l'influenza di Washington è sempre meno centrale. Lì il principe reggente saudita, bersaglio di accuse analoghe per la morte dell'oppositore Jamal Khashoggi ucciso nel consolato di Istanbul, potrebbe allentare ulteriormente i rapporti con l'alleato americano per incrementare quelli già assai stretti con Mosca.

E questo restringerebbe ulteriormente gli spazi di manovra di un'America a cui Putin ha da tempo scippato l'alleanza di una Turchia fondamentale, in passato, per garantire profondità e incisività strategica alla Nato. Il tutto senza dimenticare che insulti e attacchi personali rappresentano il peggior viatico per un Biden arrivato alla Casa Bianca promettendo una ritrovata sobrietà e moderazione.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica