Oggi l'ora X per l'Ucraina ma nessuno si fa illusioni

Obama telefona a Putin. Oggi il leader del Cremlino a colloquio con Merkel, Hollande e Poroshenko: sarebbe già molto evitare l'invio di armi a Kiev

Oggi l'ora X per l'Ucraina ma nessuno si fa illusioni

È arrivata l'ora X: oggi, nell'incontro a quattro tra Putin, Merkel, Hollande e Poroshenko in programma a Minsk, si deciderà se la crisi ucraina può essere risolta sul piano diplomatico o se il conflitto è destinato a inasprirsi ulteriormente. Le premesse non sono incoraggianti: sul fronte ci sono stati altri morti e Mosca ha risposto alla minaccia di Obama di rifornire l'esercito ucraino di armi «difensive» con un secco: «Armi e sanzioni sono solo un elemento di ulteriore destabilizzazione: la Russia continuerà la sua politica estera indipendentemente dalle pressioni». Pare destinata a cadere nel vuoto anche la telefonata con cui ieri Obama ha sollecitato Putin a cogliere l'opportunità presentata dai colloqui. Unica nota confortante è un dispaccio della Ria, agenzia ufficiosa russa, in cui si dice che nell'incontro di Minsk si affronteranno tre argomenti: il ritiro dal fronte delle armi pesanti che fin qui hanno causato la maggioranza dei 5.000 morti, la creazione di una zona demilitarizzata tra i separatisti e l'esercito ucraino e l'avvio di un negoziato diretto tra Kiev e i dirigenti della cosiddetta repubblica del Donetsk sul grado di autonomia da concedere alle province ribelli.

Nessuno, comunque, si illude che oggi si trovi una soluzione definitiva; si spera solo di fare abbastanza progressi per evitare un passo che potrebbe rivelarsi fatale: l'invio di materiale bellico americano per consentire all'esercito ucraino di tenere meglio testa ai ribelli equipaggiati dal Cremlino e sostenuti da «volontari» arrivati dalla Russia. In queste ore frenetiche, in cui gli sherpa delle due parti cercano di trovare le basi di un compromesso, si sta per fortuna rafforzando il fronte, guidato dalla Germania e con l'Italia in prima fila, contrario all'invio di armi. Gli argomenti usati da coloro che si oppongono a una escalation militare possono essere riassunti nei seguenti cinque punti.

1) Nel prospettare all'Ucraina un possibile ingresso nella Ue e nella Nato l'Occidente ha sottovalutato la reazione di Mosca. L'Ucraina orientale (quella occidentale era, fino al 1939, territorio polacco) fa parte da secoli della Russia, che la considera parte del suo spazio vitale, ed ha effettivamente una popolazione russofona, che reclama gli stessi diritti all'autodeterminazione concessi, per esempio, agli scozzesi. Putin ritiene che anche l'ingresso nell'Alleanza atlantica dei Paesi dell'ex Patto di Varsavia, e soprattutto delle tre Repubbliche baltiche che erano parte dell'Urss, sia stata una violazione dell'intesa tra i due blocchi alla fine della guerra fredda, ma ha finito con l'accettarlo. Invece non potrà mai tollerare che l'Ucraina segua la stessa strada, come gli Stati Uniti (leggi, dottrina di Monroe) non permetterebbero che il Canada o il Messico stringessero un'alleanza militare con una potenza considerata ostile.

2) Per quante armi «difensive» (peraltro difficili da distinguere da quelle offensive) si mandino allo sgangherato esercito ucraino, questo non potrà mai venire a capo della potenza militare russa. Perciò, armando Kiev, si otterrebbe solo di provocare Mosca e rendere più aspro il conflitto, con altre migliaia di morti.

3) Se Putin non ha ceduto davanti alle sanzioni, non cederà mai davanti a un'offensiva militare che puntasse a spazzare via i secessionisti. La sua stessa opinione pubblica, oggi animata, nonostante il morso delle sanzioni, da una frenesia nazionalista alimentata dai media del regime non glielo permetterebbe. Se messo con le spalle al muro, lo zar potrebbe anche buttare sulla bilancia il suo formidabile arsenale nucleare.

4) Una soluzione che eviti un ritorno definitivo alla guerra fredda deve perciò consentire a tutti di salvare la faccia. Per ottenere che Putin smetta di armare i separatisti e si accontenti di uno statuto autonomo per il Donbass, bisogna rinunciare a fare di Kiev una appendice dell'Occidente; l'Ucraina deve diventare uno Stato cuscinetto, un po' come l'Austria e la Finlandia durante la guerra fredda, che entrambe le parti dovrebbero poi aiutare a evitare il disastro economico.

Se gli oppositori di una escalation militare convinceranno Obama a rinunciarvi, dipenderà molto dal comportamento di Putin, il quale continua a ripetere di puntare a una soluzione della questione ucraina, che mettesse fine anche alla guerra delle sanzioni. Certo, raramente l'Atlantico è apparso largo come in questo momento: per gli americani, l'Ucraina dista 9.000 chilometri; per gli europei, è sulla porta di casa.

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