All'indomani della clonazione delle due scimmie in Cina, siamo davvero a un passo dall'ipotesi di poter creare un uomo identico a un altro. Dunque, qual è lo stato della ricerca? «Oggi siamo già perfettamente in grado di clonare un uomo», ci racconta Giovanni Perini, docente di Genetica ed epigenetica presso l'Università di Bologna, «ma ci fermiamo prima: quando l'incontro fra la cellula somatica dell'individuo da clonare e l'ovocita è avvenuto con successo, dando vita ai primissimi stadi di sviluppo di un embrione». Ci si blocca per una motivazione puramente etica: «È proprio così», dice Perini, «è solo la questione morale a fermarci, altrimenti, da un punto di vista tecnico ci sarebbero già tutti i mezzi per avviare un test sull'uomo».
Peraltro gli scienziati di oggi, rispetto a quelli del 1996, anno in cui avvenne la clonazione del primo mammifero (la pecora Dolly), hanno compiuto grandi passi; potendo contare su procedure più affinate che potrebbero dare vita a un uomo clonato utilizzando molti meno ovociti di quelli impiegati per Dolly. «All'epoca si poteva arrivare all'utilizzo di 400 o 500 cellule uovo denuclearizzate per poter giungere allo sviluppo di un embrione in grado di generare un individuo completo», precisa Perini. «Da pochi anni a questa parte, invece, il successo sarebbe assicurato coinvolgendo un numero limitato di ovociti, rendendo molto più agevole il reclutamento di donatori».
Non solo. Esistono nuove procedure collaudate, che presuppongono la capacità di intervenire sulla cromatina (materiale del nucleo che comprende Dna e proteine) accendendo o spegnendo determinati geni: «Quelli legati alla riprogrammazione delle divisioni cellulari», spiega Perini. «In particolare nel caso delle scimmie è stato utilizzato un enzima (forma di proteina che catalizza i principali processi biologici) che è in grado di modificare la cromatina e migliorare la riprogrammazione del nucleo di una cellula adulta, così da indurlo a tornare allo stadio embrionale». Presupposto necessario all'avvio di una clonazione effettiva, tenuto conto del fatto che le fasi iniziali di sviluppo di una nuova realtà biologica, hanno a che vedere con cellule indifferenziate, ossia potenzialmente capaci di trasformarsi in qualunque tipo di tessuto. In pratica facendo regredire la cellula dell'individuo da clonare, risulta molto più semplice «innestarla» nell'ovocita e far sì che il nuovo complesso citologico possa progredire fino a diventare una morula, primissimo stadio della evoluzione di un embrione.
E il Dna mitocondriale? «È anch'esso tema di dibattito», dice Perini, «considerato che c'è chi, al di là di ogni auspicabile successo in campo sperimentale, è convinto che la vera clonazione non esista». Perché il Dna mitocondriale permane nell'ovocita denuclearizzato, finendo col «contaminare» la purezza della cellula ospite.
Dunque, se nessuno intende clonare un uomo, quali saranno le implicazioni legate alla recente clonazione delle
due scimmie cinesi? «Sicuramente ne beneficerà la ricerca», chiude Perini. «Non dobbiamo infatti dimenticare che le scimmie hanno un corredo simile al nostro per il 98%. Studiare loro, è un po' come studiare noi stessi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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