La campagna vaccinale accelera anche se il commissario all'emergenza Francesco Paolo Figliuolo è costretto a un continuo slalom di fronte agli ostacoli che si presentano lungo il percorso. E l'antidoto che fin dal primo momento ha rallentato la corsa è senza dubbio AstraZeneca al quale ora si è aggiunto l'altro vaccino a vettore virale, Johnson & Johnson.
Ieri intorno alle 17 è stata superata la quota di 15 milioni di dosi somministrate ovvero con l'87,2 per cento delle dosi consegnate alle Regioni. E sempre ieri sono state consegnate le dosi di Moderna negli hub regionali. La macchina vaccinale ha sicuramente ingranato una marcia in più e procede con un ritmo in progressivo aumento superando le 350mila somministrazioni in 24 ore.
Ma quali sono le cause che impediscono di raggiungere il target di mezzo milione di dosi al giorno fissato dal generale Figliuolo rimandato settimana dopo settimana?
I dati sulle dosi a disposizione ci confermano che gli impegni di consegna mancati o ritardati da parte delle aziende giocano un ruolo cruciale nel ritardo delle immunizzazioni. Ieri il commissario per il mercato interno europeo Thierry Breton ha annunciato che arriveranno in Italia 54 milioni di dosi entro luglio: «sei milioni in più del previsto». In realtà nel piano aggiornato al 3 marzo del governo si prevedeva l'arrivo di 52 milioni e mezzo di dosi già entro la fine di giugno. Il conteggio delle dosi dunque continua ad oscillare.
Ma anche la difficoltà di molte Regioni di fronte alla necessità di velocizzare la macchina organizzativa (dagli hub, ai vaccinatori al meccanismo delle prenotazioni) ha provocato la perdita di settimane preziose: si poteva e si doveva arrivare a metà aprile con risultati diversi.
In questo frangente pesa il percorso accidentato di Astrazeneca. Se si va a vedere il dato dei vaccini disponibili, 17.323.080 rispetto alle dosi utilizzate, 15.099.777, si vede che il 13 per cento ancora non è stato somministrato. Se però si va a vedere il dato analitico rispetto al tipo di vaccino si evidenzia che mentre le dosi di Pfizer sono state inoculate al 92 per cento delle disponibilità, il vaccino di Oxford è fermo nella media nazionale al 77 per cento: su 4.157.600 dosi ne sono state usate 3.198.379. Anche Moderna è al 76 per cento ma 400mila dosi sono state distribuite soltanto ieri.
Vediamo allora che per esempio in Abruzzo AstraZeneca è «al palo» al 57 per cento delle dosi utilizzate contro il 95 di Pfizer. Pure in Basilicata per il vaccino a vettore virale siamo al 51 contro l'88 di quello a Rna. In Calabria scendiamo addirittura al 41 per cento per AstraZeneca. E se è vero che questa Regione va a rilento è comunque all'88 per Pfizer. In Liguria siamo al 67 contro il 94; in Lombardia al 71 contro l'89. E pure in Sicilia dove è stato segnalato un boom di somministrazioni con AstraZeneca grazie all'iniziativa del open weekend senza prenotazione i dati ci dicono che le dosi del vaccino di Oxford somministrate sono soltanto il 63 per cento di quelle consegnate.
Dati molto bassi che arrivano proprio da regioni che avevano subito segnalato rinunce dopo lo stop imposto al vaccino di Oxford dall'Ema, l'Agenzia europea per i farmaci,
Non stupisce che ieri il direttore sanitario
dell'Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, intervistato dalla Rai durante Domenica in abbia cercato di rassicurare i cittadini. «Se siete prenotati per vaccinarvi con AstaZeneca, vaccinatevi con tranquillità», esorta Vaia.
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