Mentre le ombre si addensando su Sara Giudice e il suo compagno Nello Trocchia, accusati di aver abusato di una collega giornalista la notte del 29 gennaio del 2023, a Roma, quello che è chiaro è il passato. Quello di Sara, militante della prima ora tra le fila del Popolo delle Libertà nella sua Milano. È lì che Sara Giudice ha dato il meglio (o il peggio, dipende dai punti di vista) di sé. Balzata agli onori della cronaca nazionale per le sue battaglie moraliste all'interno del partito. Si, proprio così. Sara Giudice fu una delle più acerrime nemiche di Nicole Minetti tanto da meritarsi l'appellativo di «eroina della politica pulita», così la chiamavano i giornali quando, sconosciuta, entrava nell'agone della politica e della comunicazione. Era il 2011 quando la giornalista, ai tempi venticinquenne, consigliere comunale di zona della sua Milano, promosse una vera e propria guerra durissima con tanto di raccolta firme contro l'igienista dentale, rea di essere stata candidata in un listino bloccato del Pdl per un posto sicuro nel Consiglio regionale della Lombardia. Un'ingiustizia per Sara Giudice che, ai giornali locali, fiera della sua integrità morale, parlava così: «Cosa c'entrano le soubrette con il Consiglio regionale della più importante regione d'Italia?». E chiedeva con forza le sue dimissioni perché Nicole Minetti - a suo dire - non meritava quel posto per il suo discutibile e ambiguo passato. Oggi, invece, il velo è caduto scoprendo così identità di Sara. Fatta di segreti e, a quanto pare, incontri promiscui. Addirittura, una presunta violenza ai danni di una collega, alla fine di una serata tra amici a Trastevere. Chi ricorda quei tempi, a Milano, oggi si meraviglia dei dettagli che, ogni giorno, emergono dal caso che ha coinvolto lei e suo marito. Rispettabili, insospettabili. Ma è nel 2012 che si addensano ben altre e pericolose nubi. Questa volta nere, come quelle della ndrangheta. Già, perché nel passato della giornalista di Piazza Pulita, La7, in procinto di approdare nella Rai meloniana, pesa l'onta dei rapporti con i clan. Secondo le indagini (che non l'hanno mai vista indagata) alcune famiglie calabresi di peso, avrebbero appoggiato con circa 300/400 voti la giovane Sara Giudice alle elezioni del 2011 per il Comune di Milano. Un appoggio ottenuto dopo incontri tra i clan e suo padre Vincenzo, già presidente del Consiglio comunale della città meneghina. Più volte Sara Giudice aveva urlato al complotto contro di lei. «Qualcuno aveva tutto l'interesse nel farmi incastrare» disse ai tempi, dopo che, nel 2010, lasciò il partito del Popolo delle Libertà (per affluire in Fli, con Fini e Casini) per protesta contro la candidatura di Nicole Minetti. Ma a parlare sono gli atti dell'inchiesta che registrarono come il padre di Sara Giudice, anche lui in passato politico di spicco del Pdl, incontrò due volte tra aprile e maggio il presunto emissario delle cosche del Vibonese per stringere accordi elettorali. Secondo il gip, «Vincenzo Giudice rifiutò l'iniziale richiesta di erogazione di denaro in cambio dei voti a favore della figlia, e promise, quale corrispettivo dei voti, l'assegnazione di lavori pubblici». Gli incontri pare furono molto proficui, la giovane Sara, infatti, alla sua prima esperienza elettorale, alla ribalta in quel periodo per la polemica contro Nicole Minetti, ottenne 1000 preferenze. Non poche.
Solo a causa del meccanico sistema elettorale non riuscì ad entrare in Consiglio. Oggi torna a far parlare di sé e, da accusatrice, è accusata di reati gravi. Il dito ora è rivolto contro di lei e la «vittima» denuncia: sono stata abusata.
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