La variante Omicron nascerebbe da una sorta di ping-pong tra specie, più esattamente tra uomo e topo, con il primo che infetta l'animale, che poi reinfetta l'uomo. L'ipotesi troverebbe una seconda conferma nella ricerca sul Journal of Genetics and Genomics di un gruppo di genetisti cinesi, guidati da Wenfeng Qian, dell'Institute of Genetics and Developmental Biology della Chinese Academy of Sciences. I primi a parlarne già prima di Natale sono stati il team del dottor David Veesler, ricercatore presso l'Howard Hughes Medical Institute e professore associato di biochimica presso la University of Washington School of Medicine di Seattle con Davide Corti di Humabs Biomed SA, Vir Biotechnology in Svizzera, che hanno pubblicato la ricerca su Nature. È stato ipotizzato che il gran numero di mutazioni di Omicron potesse essersi accumulato con un virus saltato dall'uomo a una specie animale e viceversa. Un passo in più quindi, rispetto alla prima ipotesi di una infezione prolungata in una persona con un sistema immunitario indebolito. Su Nature i ricercatori affermano che la proteina spike di Omicron è in grado di legarsi 2,4 volte meglio di quella trovata nel virus isolato all'inizio della pandemia, ma soprattutto in maniera efficace ai recettori ACE2 del topo. Tra le oltre 6 milioni di varianti sequenziate, Omicron è riuscita ad avere la meglio e, secondo i genetisti cinesi, ciò si spiegherebbe proprio con un doppio salto di specie. «In questo studio, abbiamo utilizzato lo spettro molecolare delle mutazioni della variante SARS-CoV-2 Omicron per tracciare le sue origini prossimali dell'ospite -si legge nello studio cinese- Abbiamo scoperto che lo spettro molecolare delle mutazioni di Omicron pre-epidemia non era coerente con il rapido accumulo di mutazioni negli esseri umani ma piuttosto suggeriva una traiettoria in cui il progenitore di Omicron ha sperimentato un evento zoonotico inverso dall'uomo ai topi durante la pandemia (molto probabilmente a metà 2020) e accumulato mutazioni in un ospite di topo per più di un anno prima di tornare all'uomo alla fine del 2021. Durante l'evoluzione nei topi, il progenitore di Omicron si è adattato all'ospite del topo, acquisendo mutazioni di amminoacidi nella proteina spike, che ha aumentato la sua affinità di legamecon il recettore ACE2, aggiungono gli scienziati. Inoltre, si sono accumulate anche mutazioni associate alla fuga immunitaria, che possono anche essere un fattore che contribuisce alla sua rapida diffusione negli esseri umani».
Valutando anche altre 18 specie di mammiferi, tra cui cani, gatti, visoni e cervi, la conclusione è che «la caratterizzazione dello spettro molecolare delle mutazioni e le osservazioni delle interazioni con il recettore ACE2 hanno entrambi suggerito che i topi fossero la specie ospite più probabile in cui si è evoluto il progenitore di Omicron».
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