Il Capo di Stato Maggiore Herzi Halevi, mentre si discute sempre più intensamente del destino degli ostaggi e degli aiuti umanitari, ha dato la sua risposta alla domanda che tutto il mondo si fa: l'esercito di Israele sta per entrare «stivali sul terreno» a Gaza? È pronto a combattere strada a strada, vicolo a vicolo, porta a porta, alla ricerca dei capi di Hamas, fino alla distruzione dell'organizzazione terrorista? Quali sono le intenzioni dell'esercito a fronte della pressione internazionale, al suo caleidoscopio di opinioni di cautela, di pacifismo, a volte di distacco rispetto alla tragedia del 7 ottobre? Su uno sfondo di ragazzi in divisa sul confine, «siamo pronti», ha detto Herzi Halevi con la sua faccia grave e composta. Un annuncio significativo: vuol dire che l'esercito in 17 giorni ha portato a termine una quantità di preparativi logistici e tecnici; il terreno su cui si dovrà marciare è stato esaminato; la speranza di minimizzare le perdite è forte; si ritiene soddisfacente al momento il numero di comandanti di Hamas colpiti con gli aerei; quanto ai rapiti, si pensa di poter agire per la loro liberazione. Una dozzina sono state le eliminazioni, molti edifici, nidi di missili, depositi di armi distrutti. Si potrebbe continuare dall'aria, ma Halevi senza discutere questa possibilità ha detto: «Ora possiamo entrare». L'ordine però è sospeso, si sa solo che il triumvirato Netanyahu-Gallant-Halevi ripete di essere sulla stessa linea, ma mentre c'è la concordia sulla decisione di distruggere Hamas occorre anche la solidarietà internazionale.
Ieri però il ministro degli esteri Eli Cohen, ha dovuto ascoltare una stupefacente relazione del segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, che dopo una frettolosa dichiarazione di solidarietà ha perfino giustificato la mostruosità del 7 ottobre dicendo che «non è venuta dal nulla», con una sua versione della storia in cui anche Gaza soffrirebbe di un'occupazione, finita invece nel 2006. Il ministro Eli Cohen ha cancellato un incontro con Guterres, ribadito che quelli per cui Guterres mostra compassione «sono i nuovi nazisti». Benny Gantz ha definito «buio» il tempo in cui si sostiene così il terrorismo. Indignate anche le famiglie dei dispersi e dei rapiti, che definiscono «vergognose» le parole di Guterres, mentre l'ambasciatore israeliano all'Onu, Gilad Erdan, ne ha chiesto le dimissioni. Sulla posizione choc di Guterres è intervenuto anche il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, che ha detto chiaro: «La responsabilità del 7 ottobre è di Hamas, solo di Hamas. Non di Israele né dei civili innocenti».
Il segretario di Stato Blinken è intervenuto per sostenere la guerra di Israele, anche se Biden insiste per l'ingresso di medicinali, cibo, acqua, e aiuti in denaro. La confusione fra intervento umanitario e cessate il fuoco è dell'Onu e dell'Ue. Gli Usa, semmai, come ha raccontato il New York Times frenano l'attacco di terra, il Segretario alla Difesa Austin, suggerisce di stare cauti, pena una nuova Falluja: deve esservi chiaro l'esito finale, dice il Nyt. Tuttavia gli americani ripetono che spetta a Israele ogni scelta.
Tortuosa e ambigua è invece la proposta europea di una «tregua umanitaria» che somiglia a un cessate il fuoco: è quella di Josep Borrell, che ha detto che occorre una pausa perché «ora la cosa più importante è che l'aiuto umanitario entri a Gaza». Francia, Spagna, Olanda, Irlanda, Slovenia l'hanno sostenuto, mentre la ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock ha risposto che occorre aiutare, ma «il terrorismo va fermato».
Borrell vuole un documento al summit Ue in settimana, ma la consapevolezza degli orrori sta crescendo: da Sunak a Macron, da Scholz a Giorgia Meloni, tutti portano solidarietà, fanno obiezioni umanitarie, danno consigli. Alla fine, le decisioni di Israele saranno solo sue, come ha detto oggi Halevi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.