Alexis Tsipras finisce sulla graticola al summit straordinario dei leader Ue. Che rimproverano alla Grecia di non registrare le migliaia di immigrati che attraversano la frontiera. Da qui la neccessità di fissare una data certa per l'attivazione degli hotspot. "Entro fine novembre", spiega il presidente del consiglio Ue Donald Tusk. Dopo lo strappo dei Paesi dell’Est sui 120mila profughi da redistribuire, l'Unione europea prova a ricompattarsi sulla necessità di riportare le frontiere esterne sotto controllo.
Il vertice apre la strada a un piano comune per far fronte alla peggiore crisi migratoria degli ultimi decenni. Persino i premier di Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, che lunedì hanno votato contro il meccanismo di ridistribuzione, non hanno alzato nuovi muri. "L’atmosfera è stata migliore delle mie attese. Sono soddisfatto", puntualizza il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. E Tusk parla di "momento simbolico" perché si è messo fine "al gioco rischioso del biasimo reciproco". "L’ondata più grande di profughi deve ancora arrivare - continua Tusk - ed è chiaro a tutti che non possiamo continuare come prima con porte e finestre aperte". E l'Ue pensa alla creazione di guardie di frontiera.
Per far fronte all'emergenza, arriva il sostegno economico ai Paesi più esposti all'ondata. I fondi a disposizione però non bastano. E Bruxelles ha richiamato i partner comunitari a mettere sul piatto "denaro fresco". Ai Paesi sono stati chiesti 500milioni di euro per il trust fund per la Siria. L'Italia vi contribuirà con tre milioni di euro, mentre la Germania con cinque.
Altri 1,8 miliardi di euro saranno stanziati per il "Fondo per l’Africa", mentre saranno rimpolpati gli stanziamenti dei Paesi, "drasticamente ridotti nel 2015", per le agenzie che si occupano degli immigrati come il World food program e l’Unhcr affinché tornino ai livelli del 2014.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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