Ora, labora e parti. Inseguendo Benedetto nel cuore dell'Italia

Da Norcia a Montecassino fra reliquie di santi, boschi e sapori. Così rinascono le vie dei monaci

Ora, labora e parti. Inseguendo Benedetto nel cuore dell'Italia

La statua di San Benedetto indica un punto tra terra e cielo. Nei giorni del terremoto era l'unica certezza in un paese dilaniato. Norcia, epicentro della terza grande scossa del 2016, è il luogo in cui parte il cammino dell'uomo che ci ha tramandato un metodo e una strada: l'esaltazione dello spirito che si combina con il generare frutti per l'umanità. San Benedetto, patrono d'Europa, conduce per 16 giorni lontano dal mondo, nel regno del silenzio, delle cascate e di una vegetazione lussureggiante.

Tutto inizia da uno dei Comuni più feriti dell'Umbria. Da qui si possono ripercorrere per 300 chilometri le tappe di una rivoluzione personale precocissima, lasciarsi assorbire da quel motto, Ora et labora, che va molto oltre un illuminato precetto cristiano. Si toccano laghi incantati e mistici boschi di solitudini, un fiume che segna la via, l'Aniene, il monastero creato nella pietra del Monte Taleo, a Subiaco, con la grotta dove San Benedetto si chiuse in eremitaggio ad appena 17 anni, e infine il cuore della Regola, l'Abazia di Montecassino, uno dei luoghi più distrutti - da saccheggi terremoti, bombe - e ricostruiti d'Italia, custode di un sapere altrimenti destinato ad andare perduto. Qui, con il lavoro nello scriptorium dei seguaci di Benedetto, furono copiate e protette le opere di Virgilio, Orazio, Ovidio, Plauto, Cicerone. Ma durante la Seconda Guerra Mondiale fu un soldato nazista austriaco, Julius Schlegel, a contribuire al salvataggio dei codici miniati.

Mettersi in cammino significa sorprendersi ogni giorno in un ciclo continuo di schegge visive, scorci di paesaggi, e incontri con frammenti di storia. I giorni di marcia sono sedici, lungo una linea che dall'Umbria taglia verticalmente il Lazio, un monogramma come guida per i passi: una B innestata su una croce gialla. Il cammino può essere percorso a grappoli di tappe, e ogni parte regala tesori: le grotte dei bambocci di Collepardo, dove stalattiti e stalagmiti sembrano raffigurare nei loro profili antropomorfi sagome di pupazzi, la Certosa di Trisulti, le gole del Melfa, sotto i nidi delle aquile reali.

Il potere del cammino di San Benedetto che lo lega ad altre vie di lunga percorrenza a piedi è la capacità di condurre in luoghi dove l'unico ostacolo al vento sono rami e foglie, lungo un'Italia dell'ombra, scintillante ma intima, dalle pendici dei Sibillini al Lazio Meridionale attraverso i Monti Reatini, la valle Santa, la valle dell'Aniene, i borghi dei Monti Lucretili, il parco dei Monti Simbruini, i boschi dei Monti Ernici, la valle del Liri. Paesi con storie millenarie altrimenti mai visitati, inquadrati dalla prospettive esclusive di chi cammina, perché precluse a ogni finestrino di automobile.

Su questa via che si snoda lungo querce secolari, faggete, boschi di aceri, in una terra rigogliosa di acqua, il valore aggiunto sono però quelle parole che passo dopo passo si sigillano nella mente. L'Ora et labora è prima di tutto concentrazione e dedizione. Un modo del pensare e dell'agire che può indirizzare ogni idea o impresa, ma soprattutto il cammino, che questo richiede: concentrazione e dedizione.

L'essenza è tutta tra le mura di Subiaco, il Santuario del «Sacro speco» che conserva la grotta dove il Santo si ritirò da eremita per tre anni poco più che adolescente, nel 497 dC, lasciando gli eccessi di Roma. A Subiaco anche comprare un «santino» è una fuga dal mondo: nell'atto della consegna il frate di turno nel negozio di souvenir fissa con energia chi ha davanti. Anche per gli animi meno vicini alla religione è difficile sfuggire all'intensità del momento. Da qui San Benedetto fondò le prime comunità. Trent'anni più tardi, dopo un attentato contro la sua vita, si trasferì con i suoi monaci a Montecassino. Questo è, con Subiaco, il luogo più profondamente benedettino del percorso. Qui si trovano le tombe di Benedetto e della gemella Scolastica.

L'ideatore del Cammino è Simone Frignani, ora in partenza per un nuovo viaggio, da Trento a Trieste in bici. «È stato un lavoro di tre anni», racconta, «dalla ricerca cartografica fino alle prove sul campo, alla tracciatura e alla scrittura della guida, tra il 2009 e il 2012. Ho cercato un percorso che toccasse i luoghi principali di San Benedetto e ho incluso quelli che avevano una particolare rilevanza storica». La storia entra nei profumi, nei sapori, si esalta nei sensi. Dai salami di Norcia agli amaretti di Guarcino. A Collepardo le antiche ricette erboristiche dei certosini sono ancora utilizzate per preparati e liquori.

Come ogni cammino, anche questo può essere affrontato con uno spirito assolutamente laico, anche se a ogni passo spuntano ombre di Santi che in queste terre si sono incrociati in epoche diverse: Francesco, di cui si sfiorano le orme nel Santuario della Foresta, dove il Santo di Assisi compose il Cantico delle Creature; Santa Rita, con Cascia e Roccaporena. A Roccasecca nacque San Tommaso d'Aquino. L'estate è il momento delle feste paesane, religiose o di rievocazione della transumanza. A marzo e aprile è impagabile la vista dei Monti delle fate, i Sibillini, ricoperti dalla neve.

L'ospitalità è assicurata dagli amici del Cammino di San Benedetto, associazione autofinanziata che tiene puliti i sentieri e aiuta nella ricerca di alloggi. In periodi normali anche conventi e case vacanze gestite da suore offrono stanze, ma nell'anno del Covid alcune strutture tipicamente «pellegrine» non possono accogliere. Non mancano agriturismi e B&B, ma tutto sarà più essenziale, ancora più aderente allo spirito puro del cammino.

Questo non significa che i sentieri rimarranno vuoti.

In questa estate così diversa dalle altre sembra anzi «sbocciare una nuova giovinezza dei cammini», assicura Frignani. C'è voglia di mettersi sulla via e di perdersi in una solitudine affollatissima di incanti.

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