La disfatta umbra comincia già ad allungare la propria ombra sulla legge di Bilancio che, tradizionalmente, è un veicolo di gestione del consenso per i partiti politici. Tanto più se questi ultimi sono alle prese con risultati negativi.
È il caso dei Cinque stelle che sono a rischio di estinzione non solo a Perugia e Terni, ma anche in tante altre parti d'Italia. Ecco perché ieri il capo politico Luigi Di Maio è tornato alla carica elencando vari punti della manovra su cui l'M5s intende discutere. «Per noi la lotta all'evasione non è criminalizzare commercianti, artigiani e professionisti con pos, carte di credito e abolizione del regime forfettario», ha dichiarato il ministro degli Esteri su Facebook. Questo significa, da un lato, che i pentastellati non vogliono perdere contatto con il mondo delle pmi rendendo meno invasiva la lotta al contante e, dall'altro, che vorrebbero estendere la platea della flat tax. Mancano le risorse: il contrasto all'evasione cifra 3,3 miliardi e punta tutto sulla limitazione delle transazioni e sull'obbligo di utilizzo delle carte. L'introduzione di paletti molto stretti sulla flat tax al 15% per chi ha ricavi fino a 65mila euro nasce da analoghe esigenze di taglio alla spesa per cui, nella versione prevista dal documento programmatico di Bilancio, viene resa inaccessibile a coloro che detengono beni strumentali di valore superiore a 20mila euro e a chi eroga compensi a collaboratori e dipendenti superiori a 20mila euro. Anche in questo caso si parla di centinaia di milioni di euro.
Il secondo punto riguarda il welfare. «Questo testo deve definire dove vanno i soldi per le famiglie che fanno i figli, quale sia lo strumento per erogare le risorse», ha aggiunto Di Maio. In pratica, il leader grillino ha lamentato pubblicamente la mancanza di un sussidio per i nuclei familiari numerosi che non sarebbero coperti dalla dotazione unica di 400 euro al mese per i genitori con redditi bassi. Allo stesso modo, M5s vorrebbe garantire continuità tanto al reddito di cittadinanza quanto a quota 100 (per non perdere la sfida populista con la Lega), quest'ultima destinata a esaurirsi nel 2021. Ma proprio quest'ultimo punto rischia di aprire un nuovo fronte con Italia viva.
Il terzo punto riguarda le tasse, in generale. «Sono d'accordissimo con la sugar tax e la plastic tax, ma altri meccanismi vanno discussi nelle prossime settimane», ha precisato. La tassazione «etica» sta attirando molte antipatie a M5s e, dunque, all'occorrenza, Di Maio è disposto a venire meno a questi principi pur di non consegnare argomenti ai propri avversari (non ultimo quello di una perdita di potere d'acquisto indotta dalle tasse sui beni di largo consumo). I renziani, invece, puntano sullo stop all'incremento al 12,5% della cedolare secca sugli affitti a canone concordato.
Ieri, invece, il premier Giuseppe Conte ha ricordato i 110 milioni annui garantiti ai Comuni al Fondo di ristoro per il minor gettito di Imu e Tasi, finora erogati a intermittenza. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, invia ogni giorno segnali di fumo alle forze politiche ricordando loro che con 23,1 miliardi di clausole Iva da bloccare non ci sono possibilità di incrementare le voci di spesa perché le coperture sono già risicate.
Anche una spesa di 300 milioni potrebbe far crollare questo castello di carte. E non è un caso che la Commissione europea ieri abbia fatto sapere di essere pronta a dare l'ok preliminare al Documento programmatico di Bilancio. Un modo come un altro per fermare l'assalto alla diligenza.
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