È inutile nasconderci dietro un dito. Le votazioni per il presidente della Repubblica hanno mostrato la potenziale forza, ma anche i limiti, della coalizione di centrodestra come è attualmente. A fronte di una forte volontà di coesione e alla presenza di un progetto politico-culturale organico, credibile, capace all'azione di forze centripete che hanno tarpato le ali alle nostre legittime ambizioni. Personalmente ho la coscienza pulita: al di là degli insulti e delle critiche che ho subìto, ho messo la faccia per proporre soluzioni di prestigio che a sinistra hanno bocciato sistematicamente.
Non mi abbatto. E rilancio. Io rispetto chi ha detto no al governo di unità nazionale, no a Draghi e l'altro ieri no all'elezione di Mattarella, ma non capisco la scelta di attaccare gli alleati che hanno maturato una decisione diversa. Non rispetto, invece, chi ha detto sì a tutto questo e poi si è reso artefice di operazioni di «tradimento» che ricordano brutte pagine della nostra storia, di cui fra l'altro è stato vittima nel passato anche il Presidente Berlusconi.
Bisogna reagire e creare daccapo le condizioni del nostro stare insieme. Anche il progetto più convincente ha bisogno di una gamba politica che lo faccia camminare, di una organizzazione adeguata che metta capo a una unità di intenti e di azione pratica che valorizzi e non disperda le nostre forze. Gli attuali schemi non riescono a garantire del tutto questo ancoraggio al reale: non basta sommare le nostre forze ma è necessario che si cominci a ragionare in un'ottica veramente unitaria. È giunto il momento di federarci. Solo un nuovo contenitore politico delle forze di centrodestra, a cominciare da quelle che appoggiano il governo Draghi, può agire in modo incisivo. Per federarci abbiamo bisogno di superare gli egoismi: non annullando, ma valorizzando le nostre differenze e facendole poi convergere in una sintesi in cui tutti si possano riconoscere. La sintesi culturale, valoriale, in verità già esiste: i nostri valori sono chiari, solidi, alternativi a quelli della sinistra.
Prima di tutto l'Italia, il sentimento nazionale che deve farci da guida e portarci a difendere gli interessi dei nostri cittadini. E ad apprezzare il grande lavoro fatto ogni giorno dai tanti sindaci, governatori, amministratori nelle nostre realtà locali, compresi i civici. Va apprezzata anche la loro richiesta di valorizzare le autonomie e le specificità territoriali. Bisogna cominciare dall'economia, dalla struttura reale che regge il nostro Paese: dal popolo dei piccoli e medi imprenditori, dei produttori e dei liberi professionisti, delle partite Iva. Questo popolo non chiede allo Stato sussidi o assistenza, ma di essere messo in condizione di lavorare e produrre, senza intralci, senza vessazioni, con una fiscalità non punitiva come quella attuale. Ci proponiamo di realizzare il nostro progetto di flat tax, in linea con le pratiche virtuose di detassazione di altri Paesi. La Federazione dovrà avere una forte impronta liberale perché noi crediamo nell'individuo, nella sua capacità di perseguire un autonomo progetto di vita, nella sua iniziativa privata. Lo stesso sviluppo economico ci sarà e sarà forte e duraturo solo se al popolo dei produttori sarà lasciato quanto più ampio campo libero possibile.
C'è poi uno Stato da riformare, con tutta la sua amministrazione e la sua burocrazia. Le procedure vanno semplificate, i servizi al cittadino vanno resi rapidi ed efficaci, la legislazione va ridotta e anch' essa semplificata. Lo Stato deve mostrarsi amico del cittadino, non vessarlo. Siamo per l'introduzione del presidenzialismo, che, in un'ottica democratica, garantisce incisività al potere e trasparenza e responsabilità ai decisori.
Crediamo altresì in una seria riforma della giustizia, che vogliamo autonoma e «terza», cioè non politicizzata come avviene oggi in molti casi. Siamo per la separazione dei poteri e per il garantismo liberale: i processi a mezzo stampa non ci piacciono e la «presunzione di innocenza» va ad amici e ad avversari perché è un principio di civiltà giuridica e liberale. Non vanno creati «mostri» mediatici prima di arrivare a una sentenza.
Crediamo nei valori della sicurezza e della legalità, contro la violenza diffusa nelle nostre strade, vicini alle forze dell'ordine che devono farsene garanti ogni giorno fra mille difficoltà. La stessa libertà, e il nostro modo di vivere, possono esercitarsi solo se ci liberiamo dalla paura e se chi delinque è messo in condizione di non farlo.
Contro il fanatismo islamico, e contro ogni forma di intolleranza, ci richiamiamo con forza ai valori di tolleranza, convivenza e rispetto reciproco che affondano nelle radici giudaico-cristiane della nostra cultura. Saremo pertanto tolleranti con tutti tranne che con gli intolleranti, cioè con coloro che vogliono servirsi delle nostre garanzie per conquistare il potere ed annullarle.
Crediamo nei valori cristiani e della famiglia, che vogliamo tutelare ritenendola il baluardo stesso della nostra civiltà. Con tutta evidenza, c'è oggi bisogno di politiche che salvaguardino questa istituzione fondamentale e mettano in atto, attraverso la sua difesa, concrete azioni volte ad arginare il fenomeno della denatalità. Anche la scuola va per noi potenziata e depoliticizzata: l'istruzione e l'educazione devono mirare non a indottrinare gli allievi, ma a formare il loro carattere e a dotare ognuno di essi di spirito critico. Crediamo che le degenerazioni del «politicamente corretto», e la connessa volontà di riscrivere la storia secondo i dettami della cancel culture, vadano strenuamente combattute in quanto minano alla base le ragioni della nostra civiltà e le fondamentali libertà di pensiero e di espressione. Vogliamo che l'Italia si doti di una politica energetica che la renda autonoma e che sia nello stesso tempo ecologicamente sostenibile. In questo campo come in altri bisogna superare gli ideologismi e affrontare la realtà in senso pragmatico, puntando ad esempio anche sul nucleare di ultima generazione, sicuro e pulito. Vogliamo essere chiari anche su un altro aspetto decisivo: è necessario pensare un sistema di regole equilibrate e di buonsenso che conducano a una transizione ecologica senza fanatismi, per evitare conseguenze sociali che non ci possiamo permettere e difficoltà nell'accesso alle future risorse. Prima gli italiani. Lo diciamo non in un'ottica di esclusione o di chiusura, ma di una solidarietà effettiva e non ideologica con chi vorrebbe venire a vivere nel nostro Paese. Siamo per una immigrazione controllata e che si svolga nella legalità e nella sostenibilità per il Paese ospitante, e quindi di qualità per gli stessi immigrati. A questi ultimi chiediamo altresì di accettare le nostre leggi e rispettare la nostra cultura e i nostri valori. Crediamo anche nell'Europa, e riteniamo auspicabile e da perseguire una unione fra i popoli e le nazioni del continente, ma siamo critici del modo in cui è andata costruendosi negli anni e opera ora l'Unione europea. Essere europeisti, per noi, significa valorizzare le differenze e le diversità culturali dei popoli europei non renderle omogenee e standardizzate secondo i rigidi parametri elaborati dai burocrati di Bruxelles.
Vogliamo che a livello europeo, ma anche nazionale, la legislazione sia lasciata quanto più possibile alle comunità di prossimità in un'ottica federalistica e di sussidiarietà.
Vogliamo che l'Italia sviluppi una politica estera autonoma e di salvaguardia dell'interesse nazionale, ma in un contesto di lealtà con i nostri alleati e nella cornice del tradizionale atlantismo.
Altri punti potranno chiaramente essere discussi e introdotti nella nostra agenda. Già questi però sono sufficienti a indicarci una direzione di marcia. Checché ne dicano i nostri avversari, la nostra cultura politica esiste, è forte, solida, ben piantata nel terreno della realtà e della tradizione. Essa è vicina al comune pensare di tanti italiani, tendenzialmente maggioritaria. Darle un valore politico effettivo, concreto, che allo stato attuale non ha, è da oggi il nostro compito. E questo esige che si individui non solo la direzione di marcia, ma anche il percorso politico da seguire. Il nostro modello può essere quello del Partito Repubblicano americano: la federazione di centrodestra delle forze che appoggiano il governo Draghi sarà uno spazio politico ove troveranno ospitalità le varie anime e le diverse sensibilità di una cultura politica alternativa al progressismo di sinistra, tutte diverse, pur nella comune cornice qui delineata, ma tutte protese verso uno stesso obiettivo politico.
Ci troviamo a un bivio: vivacchiare può significare morire, decidersi per un cambiamento e federarsi è un rischio, ma anche un'opportunità. È l'occasione per cambiare il centro destra e, con esso, trasformare, finalmente e in modo sostanziale, anche l'Italia. Ora o mai più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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