Ossa artificiali «made in Italy» stampate in 3D

Cinque giovani con protesi ossee stampate in 3D. Non sono strabilianti Blade Runne rs , ma pazienti dell'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, dove la medicina ha raggiunto livelli d'eccellenza assoluta.

Nei mesi scorsi i cinque, tutti sui venticinque anni, sono stati selezionati dai medici in quanto avevano le ossa del bacino compromesse da un tumore o dal fallimento di una precedente protesi. Usando tac e risonanza gli specialisti hanno progettato per loro protesi «su misura», ritagliandole in base ai dati personali ottenuti. E successivamente sono riusciti a realizzare per ciascuno di loro un bacino virtuale, dove è stato possibile identificato quale era il «pezzo» da sostituire. Questa porzione è stata quindi realizzata attraverso la stampante 3D, come fosse una tessera mancante di un puzzle tridimensionale. Quindi i chirurghi l'hanno «incastrata» esattamente al posto di quella parte d'osso che erano costretti ad asportare, poiché malata.

Ma si tratta solamente di alcuni dei successi della stampa 3D in medicina, che venerdì prossimo verranno illustrati nel corso della presentazione dell'Italian Digital Biomanufacturing Network. Una rete, che nasce per collegare gli sperimentatori che hanno raggiunto i risultati più avanzati nell'applicazione medica di questa tecnologia e dar loro modo di confrontarsi.

Gli impianti fatti del Rizzoli, intanto, sono i primi di questo tipo in Italia e in letteratura c'è solo un precedente in Inghilterra nel febbraio 2014.

«Il vantaggio di questa tecnica e del titanio - spiega Davide Donati, direttore dell'oncologia ortopedica dell'ospedale - è una ricostruzione più appropriata possibile dal punto di vista anatomico dei rapporti femore-bacino. In poche parole dopo l'intervento i pazienti hanno maggiore possibilità di riprendere a camminare correttamente. Ma gl i obiettivi della stampa 3D in medicina sono ancora più ambiziosi: il “bioprinting” mira infatti a creare dispositivi su misura fatti da un mix di sostanze plastiche, ma anche umane».

«Oggi si usano già biomateriali come plastica o titanio - sottolinea Pier Maria Fornasari, direttore della Banca del Tessuto Muscolo-scheletrico del Rizzoli -. Il vantaggio della manifattura a 3D è che può stampare negli strati di materiale le cellule del paziente, perché la cartuccia di materiale per la stampa può contenerle».

Addirittura tra un anno si potrebbe arrivare a mescolare materiale umano con biocompatibile non umano. È in questa direzione che stanno andando i 15 ricercatori del Rizzoli, impegnati nel progetto di stampa 3D.

Grazie a un finanziamento di oltre due milioni di euro da parte di Ministero della Salute e Regione Emilia-Romagna presto attiveranno anche una piattaforma di Bioprinting per la fabbricazione di dispositivi «custom made» fatta tramite l'acquisizione di immagini radiologiche da una Tac Dual Energy.

«Da una parte con la genomica - conclude Fornasari - dall'altra con la produzione di dispositivi o tessuti sempre adeguati alle necessità chirurgiche, si è arrivati a una medicina sempre più vicina alle esigenze del paziente».

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