Il pacifista polemico icona della sinistra virtuosa ma spocchiosa

Fondatore di Emergency, ha salvato migliaia di vite. Ma non ha mai amato la moderazione

Il pacifista polemico icona della sinistra virtuosa ma spocchiosa

Tra le cose di cui Gino Strada andava fiero c'era quella di non aver mai fatto pagare una visita. In compenso ha curato e fatto curare centinaia di migliaia, forse milioni, poveri della terra. Bambini donne e uomini che avevano la colpa di vivere dove la miseria uccide e dove le armi, le mine, le bombe fanno saltare braccia e gambe o aprono ferite sanguinose. I suoi ospedali (tre) resistono nell'Afghanistan ripiombato nella morsa della barbarie talebana, insieme ai molti centri di pronto soccorso sparsi per il Paese e ai centri assistenziali creati in mezzo mondo.

Ma oltre al chirurgo, al fondatore di Emergency, all'organizzatore capace di mobilitare uomini e mezzi per buone cause, c'era anche il polemista, il politico, il tribuno dai giudizi netti e senza distinzioni. E il rumore delle sue battaglie verbali ha spesso finito per avvolgere in una nebbia di polemiche e rancori la sua attività di ogni giorno.

Luigi Ambrogio Strada, per tutti Gino, si era formato in un periodo in cui le sfumature non andavano di moda e gli scontri erano frontali. Classe 1948, nato a Sesto San Giovanni in una famiglia operaia, sceglie di studiare Medicina alla Statale. Il suo è un libretto da primo del corso, ma ad attirarlo è altro. In Facoltà diventa capo del Movimento studentesco, con annesso servizio d'ordine, i famigerati katanga, e infine direttore del settimanale Fronte popolare.

Con lui nel Movimento e solo di pochi anni più giovane, c'è un altro medico oggi diventato noto al grande pubblico, il virologo Massimo Galli.

Per molti studenti di allora la laurea non è che un orpello borghese da rifiutare. Strada non fa eccezione: come altri, decide di smettere di studiare per dedicarsi a tempo pieno alla politica, salvo ripensarci dopo un paio d'anni. È per questo che il titolo di dottore, conquistato a pieni voti, arriva solo alla soglia della trentina. Una volta laureato parte per una serie di esperienze all'estero in ospedali di alto livello: Usa, Inghilterra, Sud Africa. La sua prima specializzazione è la cardio-chirurgia, ma subito inizia a interessarsi di chirurgia d'urgenza e di guerra.

Nel 1994, la svolta: con la moglie Teresa Sarti, morta nel 2009, decide di creare un'associazione in grado di prestare assistenza medica in situazioni di emergenza. Gli inizi li racconta lui stesso in alcune interviste. Per raccogliere soldi, insieme a una ventina di amici, organizza una serata in un locale di Viale Monza, a Milano. Gli servono 250 milioni di lire, ne mette insieme 12. Propone che ognuno dei medici coinvolti firmi 10 milioni di cambiali, ma in suo soccorso arriva il Maurizio Costanzo Show.

Sulla ribalta televisiva è a suo agio, è come ai tempi delle assemblee universitarie: la parlata efficace e convincente, i giudizi taglienti e d'impatto. I soldi arrivano subito: in poche settimane ha 850 milioni a disposizione.

Il primo intervento è nel Ruanda del genocidio, poi la Cambogia, e infine l'Afghanistan dove rimarrà per sette anni. Ai tempi del rapimento del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo è Emergency a fare da tramite per la liberazione. Tutto finisce con accuse sanguinose contro il governo di Romano Prodi, allora in carica, a cui viene addebitato il fatto di aver abbandonato al proprio destino l'interprete di Mastrogiacomo. Ma Strada ne ha per tutti e non fa particolari distinzioni: da Massimo D'Alema a Silvio Berlusconi, da Matteo Renzi a Paolo Gentiloni non risparmia le polemiche contro chi si oppone al suo pacifismo assoluto (anche se in un'occasione di sé dice: «non sono pacifista, sono contro tutte le guerre»).

La moderazione dei toni non è nelle sue corde. Bush è il nuovo Hitler, Matteo Salvini e Giorgia Meloni si comportano «da gerarchi nazisti» e così via. In una circostanza definisce «sbirro», l'allora ministro dell'interno Marco Minniti del Pd. In quell'occasione anche la sinistra si interroga sui rapporti tra estremismo dei principi e realismo degli obiettivi. Michele Serra lo eleva a rappresentante della sinistra «virtuosa ma spocchiosa», contrapposta a quella «realista ma compromessa».

Il cordoglio di ieri, da Mattarella in giù, non ha avuto eccezioni. Perfino Salvini, una specie di arci-nemico, gli ha reso l'onore delle armi. «L'Italia perde un uomo di valore. La diversità delle idee politiche lascia spazio al cordoglio e alla preghiera».

La figlia Cecilia ha saputo della morte del padre mentre era sulla nave di una Ong, impegnata nel salvataggio di 85 persone al largo della costa libica: «Una volta con mio padre parlavamo di come ci si sente quando muore un paziente».

ha detto collegata con Rainews24. «Lui mi disse ricordati che prima o poi vince la morte. Però la morte può vincere una volta sola, la vita ogni giorno. Per mio padre oggi ha vinto la morte, in tanti altri posti ha vinto la vita».

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