Padova, spariti i migranti che provocarono la rivolta

Dalla Questura solo la richiesta di un numero di telefono. E i 5 fanno perdere le tracce

Padova, spariti i migranti che provocarono la rivolta

Una rivolta, a Padova, nel centro di accoglienza di Bagnoli. Scattata perché durante il pomeriggio del 22 aprile scorso, un profugo che era ospitato a Este, sempre nel Padovano, stanco di stare nella solita struttura, decide tranquillamente di andare nel campo di Bagnoli. Qui non lo fanno entrare perché lo straniero non è inserito nell'elenco degli ospiti. Così tre immigrati, a cui poi se ne aggiungeranno altri due, intervengono in sua difesa e prendono a calci le fotocellule del cancello d'ingresso. Non finisce qui, la sera i cinque rivoltosi devastano la cucina e i mobili, gettano il cibo a terra, rovesciano alcune panche e rompono una finestra. Non contenti, picchiano pure il responsabile della cooperativa Ecofficina, Simone Borile che stava riprendendo con il telefonino i disordini. Gli danno calci, pugni (anche se lui sminuisce e si dichiara ancora favorevole all'accoglienza) gli strappano dalle mani il telefono e fuggono dal centro. In più impediscono la distribuzione del cibo agli altri 200 migranti. I giorni seguenti vengono identificati.

All'inizio la notizia era trapelata come la cronaca di semplici disordini con tre ospiti del centro. Ma qui viene il bello. Il prefetto di Padova, Patrizia Impresa, si indigna, si attiva e martedì scorso emette un provvedimento di revoca della misura di accoglienza nei confronti di: Ojeiwa Gideon (Nigeria), Ayo Segun (Nigeria), Alwalid Souleman Benoumir (Camerun), Amara Kaba (Guinea Bissau) e Omar Sidibe (Mali), per «violenza, minacce, incitazione e soprattutto danneggiamenti di beni mobili e immobili di proprietà dello Stato». Non potendo emettere un decreto di espulsione perché gli immigrati sono ancora in attesa del riconoscimento e non sono clandestini (bisogna aspettare che venga negato il riconoscimento) i ribelli vengono messi in strada, liberi di andarsene a spasso per la città. Cioè in sostanza espulsi, ma solo dal centro accoglienza. Una situazione improponibile dinanzi agli occhi del popolo italiano.

Il segretario provinciale della Lega Nord Andrea Ostellari interviene. «La scelta della prefettura di abbandonare sulle strade i profughi ribelli è incomprensibile. Scaricano il problema sulla comunità aumentando il rischio criminalità». Infatti i cinque essendo protagonisti «soltanto» di «violazioni gravi e ripetute delle norme di convivenza nei centri di accoglienza» non finiranno nemmeno in galera. Gli uomini della Digos quindi venerdì mattina sono andati al centro a prenderseli, hanno detto loro di raccogliere le cose in cinque sacchi neri, e li hanno accompagnati in Questura. Qui per completare la sequenza, dopo il controllo è stato richiesto ai profughi - come riporta il Corriere del Veneto - di lasciare un recapito telefonico per futuri contatti, come normali clienti in attesa di appuntamento. La conclusione? Adesso i profughi sono spariti.

«Dopo che abbiamo notificato loro il provvedimento ci dicono ieri dalla questura - non li abbiamo più seguiti. Dobbiamo attendere che la commissione si pronunci sulla richiesta di asilo». Proprio per questo era stato chiesto loro un recapito.

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