Mea culpa di un consigliere Rai: qualche anno fa, lo confesso, sposai in pieno la proposta di Matteo Renzi di inserire il canone d'abbonamento annuale all'ente radiotelevisivo pubblico nella bolletta elettrica. Era l'unico modo per azzerare, o quasi, l'evasione della tassa di viale Mazzini che aveva raggiunto «punte» del 30 per cento. «Pagare meno, pagare tutti»: lo slogan dell'allora premier era piaciuto e i primi risultati erano stati, in effetti, positivi: solo nel 2016, pur con un canone ridotto a 100 euro, si erano registrati 5,6 milioni di abbonati in più con un maggiore gettito di oltre 500 milioni. Gli introiti complessivi del cavallo non più agonizzante erano così saliti a 1,7 miliardi. Ingenuamente, ritenevo, che il giovin Matteo volesse davvero fare gli interessi della Rai e del servizio pubblico. Mi ero, però, sbagliato di grosso nel credere alla buonafede del segretario del Pd perché oggi - a fini esclusivamente elettorali, nel disperato tentativo di recuperare il «gap» che lo divide dal centrodestra - l'ex sindaco di Firenze è saltato fuori con un'altra proposta: aboliamo completamente il canone, alla faccia di quanto lui stesso sosteneva solo un paio di anni fa.
Siamo di fronte alla più palese delle contraddizioni: prima intendeva stanare i «portoghesi» che facevano i furbi e non pagavano la tassa tv, oggi vuole fare diventare tutti gli italiani tanti «portoghesi» per un pugno di voti in più, il prossimo 4 marzo. E chi ci pensa ai conti della Rai con un'evasione che diventerebbe del cento per cento? Pazienza. Alla fine provvederà, ancora una volta, il solito Pantalone perché almeno per un certo periodo - bisognerà trovare altre risorse pubbliche per tenere in piedi un colosso che rischia di essere sempre più con i piedi d'argilla. E, quindi, in un modo o nell'altro, sarà sempre il signor Rossi a pagare: se non è il canone, sarà un'accisa sulla benzina in più. I conti sono presto fatti: già alla fine del 2017, in effetti, la Rai chiuderà in rosso perché il secondo taglio del canone, dopo quello dell'anno precedente, ha finito per compromettere il bilancio anche per colpa di certi contratti principeschi concessi a Fazio & C. oltre al «tetto» fissato dal Parlamento. Cosa succederà se dovesse essere abolita questa tassa che, lo ammetto, è comunque molto odiata? Il tutto si tradurrebbe in una vera e propria «presa in giro», come ha sostenuto anche Carlo Calenda che lo stesso Renzi volle ministro dello Sviluppo. A parte il fatto che il canone italiano è più basso rispetto a quello pagato alle tv pubbliche nel resto dell'Europa, il suo azzeramento significherebbe togliere alla Rai tutti i compiti assegnati al servizio pubblico: tanto vale privatizzarla.
Senza contare che, imboccando questa strada, viale Mazzini finirebbe per stravolgere l'intero mercato radiotelevisivo: oggi l'azienda di Stato deve sottostare a certi «plafond» pubblicitari che, in condizioni di assoluta parità con la concorrenza, non avrebbero più ragione d'esistere. E allora? Lasciamo perdere. La «befana» di Renzi sarebbe come quel vecchio detto veneziano che dice «pezo el tacon del buso», il rimedio è peggiore del male fatto.
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