Pamela stuprata e uccisa. Ergastolo per Oseghale

Confermate le accuse anche per la violenza sessuale. La madre della ragazza: "La mia battaglia non finisce qui"

Pamela stuprata e uccisa. Ergastolo per Oseghale
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Confermato l'ergastolo per Innocent Oseghale, il nigeriano di 35 anni già condannato per l'omicidio e l'occultamento di cadavere di Pamela Mastropietro, la 18enne uccisa a Macerata il 30 gennaio 2018. La quinta sezione penale della Cassazione ha respinto ieri il ricorso presentato dalla difesa dell'unico imputato contro la sentenza d'appello-bis emessa a Perugia lo scorso anno, che aveva confermato il carcere a vita per Oseghale ritenendo sussistente anche l'aggravante per violenza sessuale.

Per i giudici, dunque, prima di uccidere la ragazza, che si era allontanata dalla comunità dove era in cura per problemi legati alla tossicodipendenza, il 35enne l'ha violentata, per poi smembrarne il corpo e nasconderlo in due trolley. Un delitto atroce, che non merita nessuno sconto di pena, come aveva invece provato ad ottenere la difesa chiedendo l'annullamento della parte inerente l'aggravante della violenza sessuale, rilevando l'«illogicità» della prova a sostegno della sentenza della Corte d'assise d'appello di Perugia che aveva già confermato l'ergastolo. Per i legali del nigeriano, i giudici avrebbero ritenuto certezze circostanze che a dir loro si fonderebbero su pure congetture e immaginazione. Nulla di tutto ciò per il sostituto pg della Cassazione, Maria Francesca Loy, che con le sue argomentazioni ha convinto la Corte: le motivazioni di quella sentenza «hanno colmato ogni lacuna» e non ci sono dubbi che è stata raggiunta «la prova logica sulla ricostruzione dei fatti». Fatti che, per come si sono verificati, non avrebbero senso se non fosse stata commessa una violenza sessuale. Come aveva sottolineato anche il legale della famiglia e zio di Pamela, Marco Valerio Verni: «La violenza sessuale è l'unico movente dell'omicidio», aveva concluso la sua arringa, chiedendo la conferma della sentenza di condanna, una decisione che «risponde a criteri di logicità e non è contraddittoria». La mancata conferma dell'aggravante della violenza sessuale avrebbe invece portato ad un ridimensionamento della condanna.

Soddisfatta della sentenza definitiva Alessandra Verni, la mamma di Pamela: «È ciò che aspettavo da sei anni, ma la mia battaglia non finisce qui», commenta visibilmente commossa, riferendosi al fatto che lei e tutta la famiglia hanno sempre pensato ci possano essere altre responsabilità e che le indagini non siano state fatte a dovere. «È una vittoria per Pamela e per Stefano (il papà della ragazza morto per un malore nei mesi scorsi, ndr) che sono in cielo», dice la donna. Per l'avvocato Verni la vicenda si sarebbe potuta concludere già la scorsa volta in Cassazione: «È stato un risultato sofferto che ha prolungato il dolore e l'agonia, ma siamo arrivati alla giusta conclusione. Noi abbiamo sempre detto e siamo convinti che ci sono altri responsabili, a vario titolo, in questa diabolica vicenda e continueremo a cercare la verità. Questo è un risultato importante ma, per certi versi parziale».

Riguardo ad Oseghale, il fatto che sia stato confermato l'ergastolo per il legale potrebbe, in astratto, «portarlo a fare i nomi di eventuali complici che possono averlo aiutato dopo o che avrebbero dovuto aiutarlo. Perché ricordiamo che i resti di Pamela sono stati lasciati chiusi in due trolley sul ciglio della strada».

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