Papà Gino assiste attonito alla confessione. "Abbiamo capito chi è, ora è chiarissimo"

Il genitore: "Tantissimo dolore". Assente la sorella Elena: "Da 11 mesi continuano gli incubi. Mi prendo cura di me"

Papà Gino assiste attonito alla confessione. "Abbiamo capito chi è, ora è chiarissimo"
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Sguardo fisso, palpebre immobili, muscoli del viso tesi. Neppure il primo incontro tra Filippo Turetta e Gino Cecchettin dopo l'assassinio di Giulia ha scalfito l'aspetto cristallizzato di un padre che in aula ha ascoltato gli ultimi momenti della vita della figlia dalla bocca del suo assassino. Il 54enne, che nell'anno più lungo della sua esistenza è riuscito a mettere da parte l'odio per impegnarsi nella lotta alla violenza di genere, non si è fatto travolgere dall'onda di sentimenti contrastanti ed è rimasto lo stesso di sempre. Ma ai presenti fuori dal palazzo di giustizia di Venezia ammette: «Ho provato dolore, tantissimo dolore. Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita». Come potrebbe essere altrimenti.

Cecchettin dissimula la tensione tenendo gli occhi puntati sul banco degli imputati, dove il ragazzo incespica sulle parole e con frasi strozzate racconta l'orrore senza mai pronunciare il nome di Giulia. È impossibile sondare i pensieri di papà Gino. «Credo che nessuno sia in grado di capire quello che prova, lui è una roccia, ma è dura - ammette il suo avvocato Stefano Tigani, che in aula gli siede a fianco - Entrare nel merito di certi particolari, anche per me difensore e amico, è un po' complicato». E in fondo anche inutile. Conta invece ciò che ha fatto e detto davanti al collegio veneziano il 22enne. «Abbiamo capito chi è Filippo Turetta - dice deciso Cecchettin alla fine della giornata -. Adesso il suo avvocato vuole capirne di più, ma per me è chiarissimo. Quello che emerge oggi è che la vita del prossimo è una cosa sacra e non bisogna entrare nel merito della vita degli altri».

Un dogma che è anche l'humus dal quale è nata «Fondazione Giulia», l'associazione in memoria della ragazza padovana che si impegna a promuovere l'educazione per sensibilizzare sul tema del linguaggio di genere, della violenza contro le donne e ad aumentare la consapevolezza legata ai temi della violenza domestica, della relazione abusiva e dei diritti delle vittime. Da quel tragico novembre di un anno fa papà Gino è diventato, suo malgrado, un simbolo. Si è caricato questo peso e ha deciso di mettersi in cammino. Sarà l'unico volto della famiglia di Giulia anche nel corso del processo a Turetta. L'altra figlia Elena, che dopo il delitto della sorella aveva parlato molto e che ora sta studiando all'estero, ha deciso di fare un passo di lato. Su Instagram ha spiegato che lei in tribunale non andrà. «Non per disinteresse - ha scritto - ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell'ultimo anno». La giovane mette così in mostra una delle tante ferite lasciate sulla pelle della famiglia dopo l'orrore di un anno fa.

Perché dopo il dolore arrivano anche le difficoltà. Elena e Gino lo sanno bene, anche se tutto resta dentro le mura di casa. Per questo, conclude la sorella di Giulia, «seguirò a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò».

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