I rapporti tra Iran e Vaticano, e più direttamente tra il Paese islamico e Papa Francesco sono sempre stati solidi e non si sono mai interrotti. Il filo che lega la Repubblica iraniana a Francesco è sottile ma forte. Teheran trova nella Santa Sede e nel pontefice argentino un appoggio prezioso. Ed è forse per questo che il 2 gennaio l'ambasciatore dell'Iran presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, si è recato in visita ufficiale dal Papa «per porgere gli auguri per il Santo Natale appena trascorso e per il nuovo anno da parte del Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran, Pezeshkian».
L'incontro - che non è menzionato nel bollettino ufficiale delle udienze papali - è passato sotto traccia, forse perché era strettamente privato. Ma è stata l'Ambasciata stessa a pubblicare sui propri social la notizia accompagnata da una foto che ritrae il Papa seduto davanti alla sua scrivania e l'ambasciatore in piedi al suo fianco mentre sta illustrando alcuni libri e documenti.
Dal Vaticano bocche cucite su una visita che viene definita «privata»; così come dalla sede diplomatica non vengono aggiunti ulteriori dettagli. Nessuna indicazione sulla durata dell'incontro o sullo scambio di doni e soprattutto sui temi discussi. Ma è facile ipotizzare che durante il colloquio tra l'ambasciatore e il Papa si sia parlato, oltre che delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, anche della vicenda di Cecilia Sala, la giornalista italiana detenuta da più di due settimane in una prigione di Teheran. Se dai Sacri Palazzi si invita alla prudenza e al silenzio stampa (così come richiesto dalla famiglia Sala), alcuni osservatori ipotizzano che un intervento della rete diplomatica vaticana possa avvenire, se non già avvenuto. Il Papa è stato sicuramente informato sul caso, e non è escluso che possa trovare un appoggio fondamentale nel neo-cardinale Dominique Joseph Mathieu, primo porporato in terra iraniana, nominato dallo stesso Bergoglio il 7 dicembre scorso, nell'ultimo Concistoro.
La vicenda resta delicata e nelle mani di una trattativa, in via principale, tra governo italiano e Teheran. Ma non si può escludere un coinvolgimento del Vaticano e della chiesa locale. In Iran i cattolici di rito latino sono un piccolo gregge: circa 2000 persone, di cui almeno 1300 vengono dalle Filippine. In una recente intervista al direttore dell'Agenzia Fides, Gianni Valente, il nuovo cardinale di Teheran raccontava le sfide della sua missione in una terra a maggioranza islamica. «Un mio confratello mi ha raccontato di una persona che prima di diventare cristiana aveva pregato per più di 10 anni davanti alla porta chiusa di una chiesa armena nel nord dell'Iran. Pregare davanti a una porta fa capire l'importanza di esserci. Una porta è una porta, anche se rimane chiusa, e prima o poi potrebbe aprirsi per mostrare l'amore di Cristo per tutti, con i gesti più che con le parole, come suggeriva San Francesco».
L'ambasciatore della Repubblica Islamica dell'Iran presso la Santa Sede è stato nominato il 23 dicembre 2023. Grande attesa anche per l'udienza che Papa Francesco avrà con il Corpo diplomatico il 9 gennaio, quando Bergoglio affronterà i temi più spinosi del mondo intero.
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