Francesco Cimino, storico senatore socialista è stato uno dei punti di riferimento di Craxi in Sicilia. Sottosegretario all'agricoltura, ministro della Comunità Europea e una grande capacità (personale) di relazione che riusciva a mettere insieme uomini di valore come Macaluso e P. Mattarella. La caduta del fascismo, la vicinanza a Lombardi e poi soprattutto con Craxi, i governi con Andreotti e De Mita, l'incontro con Falcone e la passione per la pittura. Dall'alto della sua abitazione, guardando il mare d'inverno si rammarica per il declino della sua amata terra.
Come fu vissuta in Sicilia la caduta del fascismo?
“Ci sono state reazioni politiche significative come in tutte le città d’Italia, ma io sono critico nei confronti della mia terra, perché non c’è stato un risveglio avvertito e sentito”.
A Patti come si viveva sotto il regime?
“In paese c’è stato un fascista di grande valore, ma non lo dico solo io che tra l’altro ci ho pure polemizzato. Raffaele Saggio, era un avvocato e quando sono andato in Senato tutti mi chiedevano di questo pattese fascista che poi diventò di sinistra con la caduta del regime. Era un grande uomo di cultura e richiamava a Patti tutti i più noti intellettuali”.
Mussolini mandò in Sicilia il prefetto Mori per sconfiggere il fenomeno mafioso.
“C’è stato un segnale apprezzabile ma la mafia purtroppo è ancora lì”.
Come nasce la sua passione per la politica?
“Io ero trozkista. Il trozkismo era arrivato a me attraverso mio zio che era una figura significativa dell’antifascismo. Successivamente abbandono ogni estremismo e mi avvicino a Lombardi anche se per la verità rifiutavo ogni forma di corrente. Lombardi non era un grande comunicatore, ma era rigoroso, una bella figura”.
Di Togliatti cosa pensa?
“Un mascalzone che rispondeva a Stalin”.
Dopo il fascismo chi sono i nuovi padroni della Sicilia?
“La DC e la Chiesa che comunque esprimevano uomini di grande valore. Io ero molto amico di Sergio Mattarella, perché ero amico di suo fratello. Come Piersanti ce n’erano pochi! Bella intelligenza. Era una terna fortissima: Piersanti Mattarella, Rosario Nicoletti e Calogero Mannino. Questi giovani lottarono contro la mafia e la classe dirigente democristiana”.
E i capi del PSI regionale?
“Il capo dei socialisti siciliani era l’agrigentino Lauricella. Ed era lui il referente di tutti noi socialisti. C’era anche l’ex ministro Nicola Capria, una figura di notevole livello”.
Quando nasce il suo rapporto con Craxi?
“Ai tempi dell’università. Io ero capo degli universitari di Messina mentre Bettino di quelli di Milano. Ci furono diversi incontri e da quei momenti di confronto nacque un bel rapporto che è durato tutto la vita. Ricordo che conobbi anche Marco Pannella, altro caro amico mio, un uomo libero come pochi”.
A quale persona è stato particolarmente legato nella sua attività politica, ad eccezione di Craxi?
“Io ho avuto un caro amico che fu anche presidente della Rai. Beniamino Finocchiaro, una persona splendida, rigorosa. Il rapporto si consolidò quando entrambi frequentavamo il Senato della Repubblica”.
Nel ‘76 era presente al congresso del Midas?
“Certamente, fu una svolta straordinaria perché Craxi prese posizione contro i comunisti. E i comunisti non glielo hanno mai perdonato, soprattutto D’Alema. Bettino attaccava con violenza i comunisti e loro non hanno mai accettato questo”.
Dal 1987 al 1991 è stato sottosegretario con delega all’agricoltura.
“Io sono felice dell’esperienza vissuta, anche perché nasco come agronomo. A capo del ministero c’era il mio amico Calogero Mannino con cui abbiamo collaborato benissimo. Il limite che avverto oggi a differenza di allora è che non ci interessava il ministero, ma la politica. Per sei mesi ho fatto anche il ministro dell’agricoltura alla Comunità Europea”.
I rapporti con i presidenti del Consiglio?
“Con Andreotti avevamo un rapporto molto bello. Persona che stimo molto. C’è una battuta di Andreotti simpatica. Dissi: “Presidente hai una cravatta bellissima”. E lui: “Cimino, neanche questo è merito mio. Mia moglie me le compra”. Lui a parole era sempre un perdente! De Mita invece non l’ho mai amato molto pur essendo un meridionale intelligente, ambiziosissimo…”.
Il suo rapporto con lo storico senatore comunista (siciliano) Macaluso?
“Un caro amico e come scriveva bene… è uno dei pochi che è stato a casa mia. Perché la casa l’ho sempre difesa. Tutt’ora mi capita di pensare a lui, era una bella persona. E non sempre è stato aiutato, ne ha avuti problemi anche nel PCI”.
Alle elezioni del ’92 tra Andreotti e Forlani prevalse Scalfaro.
“Io non ero d’accordo perché c’erano altre figure su cui puntare. A certi livelli uno deve prendere atto se c’è una maggioranza che pensa diversamente da te, tu hai il dovere di rispettare la scelta della maggioranza. La democrazia è realtà, non può essere solo a parole. Il PSI alla fine appoggiò Scalfaro perché non aveva alternative, non poteva decidere diversamente. Cosa faceva? Votava contro gli alleati? Dopodiché si faceva quello che volevano i comunisti?”.
Ma Craxi puntava al Quirinale?
“No, non era sua intenzione”.
In piena corsa per l’elezione del presidente della Repubblica arrivò la notizia dell’attentato mafioso al giudice Falcone.
“Una vicenda tristissima anche perché ho conosciuto Falcone quando fu chiamato da Martelli (ministro di Grazia e Giustizia) a Roma con cui ebbi modo di collaborare. Lo apprezzavo molto ed era una bella persona”.
Qual era il legame che aveva creato con Craxi?
“Avevamo costruito un rapporto antico e stupendo. Io sono stato da lui anche a Tunisi. Ma uno dei ricordi più belli fu quando l’ho portato al paese di suo padre. Bettino aveva fatto un comizio e io ero accanto al padre – orgoglioso – che piangeva nel vedere il figlio parlare nel suo territorio”.
Per finire in quel modo qualcosa avrà pure sbagliato.
“Non ha sbagliato assolutamente niente. I comunisti lo hanno distrutto”.
E il famoso tesoro di Craxi?
“Ma quale tesoro… io non ci andavo a mangiare perché poi “iddu” non aveva mai i soldi e ci diceva di pagare per lui. Craxi non aveva una lira in tasca”.
È complicato fare politica in Sicilia?
“No. Il punto è Palermo, lì c’è il vero centro di potere. Io non ci sono mai voluto andare anche dietro sollecitazioni importanti. Mi sono sempre tirato fuori, lontano perché avevo tre figli. Se non avessi avuto figli probabilmente potevo anche permettermelo. Una volta che ci sono i figli per me prevalgono. Io a Roma vado: “O Roma o niente”.
La sua amicizia con il pittore Luigi Ghersi?
“Io amo molto la pittura e di Ghersi alcuni quadri li ho comprati mentre uno me lo ha regalato. Un giorno mi ha citofonato: “Puoi scendere a darmi una mano?”. Quando scesi e lo vidi mi disse: “Siccome tu guardavi sempre questo quadro…”. Era partito da Roma con il quadro sulla macchina per portarmelo. Io l’ho sempre stimato e abbiamo avuto un rapporto meraviglioso. Un quadro a cui sono affezionato è anche un garofano rosso regalato da Guttuso”.
È ancora una terra di gattopardi la Sicilia?
“Purtroppo sì. I gattopardi ci sono e ci saranno ancora. Peccato però, questa è una terra così bella”
Ma
c’è speranza per il futuro?“Io non ci credo. Bisogna eliminare la mafia. È più cauta. Terribile. Io non ho mai perdonato la vicenda del fratello del presidente della Repubblica. Non si può uccidere un uomo così!”.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.