«Siamo colleghi di governo, ma nel segno di una emergenza che sta per concludersi. Di Maio ministro degli Esteri è una anomalia. Vederlo parlare contro l'Italia per interesse elettorale colpisce, ma non sorprende».
Onorevole Giorgio Mulè, lei come sottosegretario alla Difesa siede al governo con Luigi Di Maio. Cosa ha provato leggendo le parole in cui paventa un rischio default e l'isolamento internazionale in caso di vittoria del centrodestra?
«Questo governo lo abbiamo voluto per senso di responsabilità, non ci siamo scelti i compagni di viaggio. Queste dichiarazioni dimostrano che purtroppo per certi personaggi è difficile agire davvero per il bene comune. Peraltro Di Maio con questo ventaglio di dichiarazioni terroristiche non è diverso da Enrico Letta anche lui ormai uno specialista del genere. Con l'aggravante che Di Maio ha un incarico istituzionale».
Le dichiarazioni di Di Maio possono provocare contraccolpi sulla credibilità dell'Italia?
«A subire un contraccolpo è soprattutto la sua credibilità. Si presenta sul palcoscenico internazionale come uno che gioca contro il suo Paese per interessi politici. L'interesse dell'Italia dovrebbe essere il faro, la stella polare per un ministro. Invece viene messo sotto i piedi per presentare all'esterno un film che proietta il centrodestra in una realtà parallela e inesistente, con i peggiori metodi della delegittimazione».
Quale percezione pensa ci sia all'estero?
«Credo ci sia soprattutto una sensazione di incredulità e pena, si chiedono se sia normale che un ministro degli Esteri di un Paese importante come l'Italia si comporti come un Pierino Giamburrasca. Ti guardano smarriti e non se lo sanno spiegare. Io dico solo che l'Italia è altro, è l'Italia del presidente Berlusconi, dell'ancoraggio al Partito popolare europeo, europeista, atlantista, coerente con la sua linea di sempre. Nessuno rintraccerà mai una dichiarazione mia o di altri esponenti di centrodestra quando si va all'estero diretta contro le altre forze politiche italiane. È un dogma che dovrebbe appartenere a tutti per il bene che si vuole al nostro Paese».
È un atteggiamento che si aspettava da Di Maio?
«Sì, non mi meraviglia. Lo abbiamo visto troppe volte sgranare il rosario dell'ipocrisia, dicendo una cosa la mattina e rinnegandola la sera. Dall'impeachment del presidente Mattarella al no al gasdotto Tap, dalle feroci accuse su Bibbiano al Pd ad un collegio uninominale in alleanza con il Pd. È la parabola misera di un uomo e il suo contrario. Ma sta per finire».
Di Maio e il centrosinistra hanno come cavallo di battaglia le presunte contraddizioni del centrodestra sull'Ucraina.
«La continua e assurda campagna del Pd e dei suoi alleati contro le inesistenti ambiguità del centrodestra nei confronti della Russia è sinceramente insopportabile. A Di Maio è il caso di ricordare l'ennesimo passato che non passa. Era lui il capo politico dei Cinquestelle nel 2018? Ed è lui ad avere accanto a sé alla Farnesina il sottosegretario Manlio Di Stefano, ininterrottamente lì dal 2018? Ebbene nel 2016 in occasione del congresso di Russia unita, il partito di Putin, Di Stefano venne spedito in terra sovietica dal suo capo Di Maio.
Segnalo, testualmente, solo alcune perle negli oltre otto minuti di intervento: l'Ucraina è uno Stato fantoccio manipolato dagli Usa; in Ucraina c'è stato un golpe voluto da Usa e Ue per portare la Nato ai confini della Russia e fare pressioni sulla Russia; la partecipazione dell'Italia alla Nato va ridimensionata; le sanzioni alla Russia vanno abolite; la Russia è un modello di globalizzazione giusto e bilanciato. Chi deve spiegare? E ora vergognatevi se ne siete capaci».
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