
Eliminare l'uomo. O meglio, eliminare il termine «uomo». Mettere la parola fine a ogni differenza di genere in nome dell'inclusività esasperata. Protagonista di questo colpo di stato linguistico è la Commissione europea, che nella versione aggiornata della guida linguistica inglese invoca la messa al bando di qualsiasi parola o frase abbia nella sua radice la parola «man». La motivazione è semplice: sono termini poco inclusivi, meglio optare per alternative neutre, in grado di includere «tutti i generi». Non è nemmeno più questione di schwa o di asterischi, qui il problema è il maschio.
Destinato a politici, funzionari e traduttori, il bignamino politicamente corretto impone la cancellazione di parole come «tradesman» («commerciante») e «mankind» («umanità»), da sostituire rispettivamente con «tradesperson» e «humanity». Stesso discorso per «manpower» («manodopera»), «man-made» («prodotto dall'essere umano»/«artificiale») e «fisherman» («pescatore»), non sono abbastanza accoglienti: vanno utilizzati «human resources», «manufactured» e «fisher». Via ogni riferimento all'uomo ma anche alla donna. Nell'elenco viene sottolineato che «spouse» («coniuge») va preferito a «husband and wife» («marito e moglie»). Attenzione anche alla componente religiosa: non si dice «christian name» («nome di battesimo») ma «first name» («nome»).
La linea è chiara: va utilizzato un linguaggio gender-neutral. Le linee guida del governo europeo tengono a precisare che gran parte della legislazione Ue non è neutra rispetto al genere, anzi i pronomi maschili vengono usati per includere tutti i generi. Ma, si legge, «il linguaggio gender-neutral è da preferire ove possibile». In soldoni, bisogna evitare parole che potrebbero essere interpretate come implicanti che un genere sia la norma: basti pensare a «chairman», ossia «presidente», che secondo gli autori della guida sembra presupporre che l'incarico sia legato esclusivamente all'uomo. Per questo vanno adottate forme nominali neutre, come «chair». Con buona pace di chi, armato di buonsenso, tradurrebbe «chair» con «sedia»: priorità all'inclusività. Sono inoltre preferibili i nomi e pronomi neutrali. Piuttosto che «he» o «she» («lui» o «lei»), meglio usare un più generico «they» («loro»). E, ancora, vanno evitate le terminologie ritenute obsolete come «homosexual» («omosessuale») quando ci si riferisce alla comunità LGBTIQ+.
La versione precedente della guida linguistica made in Ue risalente al 2021 aveva sollevato un polverone. All'epoca il testo disapprovava l'uso del termine «Natale», da sostituire con periodo festivo. Il documento specchio della woke generation venne ritirato dopo un mese.
Risale invece al 2024 la pubblicazione del «Toolkit on Gender-sensitive Communication», un prontuario di 61 pagine dedicato al linguaggio inappropriato e alle alternative in salsa gender. Ora un nuovo - incredibile - capitolo.
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