Dice che «qui non c'entra lo spoils system». Guido Crosetto, ministro della Difesa, in un'intervista al Corriere, spiega che l'annunciato «machete» - il copyright è suo - sugli incarichi di vertice della pubblica amministrazione, come ministeri e agenzie, serve perché il sistema non funziona: «I tempi, le cui procedure, i cui vincoli, rendono infinitamente più difficile per tutti operare, a ogni livello, rispetto a qualsiasi altro paese moderno». Insomma la si chiami come si vuole ma la giostra delle nomine politiche ha già iniziato a girare, come prerogativa di ogni nuovo governo.
Nel mirino ci sono le poltrone che per legge decadono di fatto con l'insediamento dell'esecutivo. Il 24 gennaio, scadono i 90 giorni entro cui rinnovare o nominare funzionari di fiducia a capo degli uffici di vertice. Lo dice la legge Bassanini, secondo cui gli incarichi di funzione dirigenziale «cessano decorsi novanta giorni dal voto di fiducia del governo». E Crosetto non fa che esternare la linea del governo Meloni. Nel mirino c'è «chi nelle amministrazioni si è contraddistinto per la capacità di dire no». Non proprio una guerra ai burocrati, ma, dice il ministro, «si devono creare meccanismi, procedure, percorsi burocratici più efficienti, più veloci. Non per andare contro chi lavora seriamente nella burocrazia, ma alleandosi con loro, oppure non andiamo da nessuna parte». E annuncia anche una necessaria modifica della legge Bassanini, per dare più poteri «a tutti i decisori politici, il che vuol dire anche ai sindaci. È necessario perché oggi a funzionari che guadagnano poco vengono affidate responsabilità enormi che invece dovrebbero ricadere anche su chi governa e ha il ruolo, il potere e la forza per assumerle».
In ballo ci sono una quarantina di dirigenti di vertice. Ma dopo i primi due nomi saltati - Nicola Magrini, direttore generale dell'Agenzia italiana del Farmaco, e Giovanni Legnini, commissario straordinario per la ricostruzione - l'opposizione attacca e parla di «occupazione del potere». Il ministro della Difesa, uno dei più vicini alla premier, ricorda invece che «il governo ha il diritto di lavorare, a norma di legge, con chi ritiene più adatto per raggiungere gli obiettivi che si è dato. Applicare ciò che la normativa prevede su poche decine di posizioni apicali non significa occupare nulla, ma assumersi la responsabilità di scegliersi i collaboratori». Per una miriade di caselle. Comprese quelle delle società pubbliche, anche se queste nomine scadranno in primavera e nel 2024 e dunque non sono soggette allo spoils system. Sono però le più pesanti. Ballano nei prossimi mesi le nomine e i board delle sei grandi società quotate in Borsa e controllate dal Mef: Enav, Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna. Ma su tutte gli occhi son puntati sulla scadenza del direttore generale del Tesoro, ruolo ricoperto dal 2018 dal potente Alessandro Rivera. Un profilo considerato da subito ingombrante da diversi ministri del nuovo governo. Ma la sua rimozione non è affatto una decisione scontata invece per Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che anzi potrebbe confermarlo. Nessuna tensione, però, assicura Crosetto: «Conoscendo molto bene sia Meloni che Giorgetti, escludo che la premier voglia scegliere i collaboratori di un ministro o viceversa. Non vedo problemi nel governo». Dovrebbe restare al suo posto il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta, che sembrava in bilico. Nel mirino ci sono però anche le strutture di gestione del Pnrr, che non sono soggette alla stessa rotazione prevista dalla legge. Anzi.
Il nodo è delicato perché va sciolto in accordo con la Commissione Ue, come tutto ciò che riguarda interventi sul Piano di ripresa e resilienza, compresi quelli sulle strutture di attuazione. Possibili modifiche della governance potrebbero essere inserite nel decreto ad hoc su Pnrr previsto nelle prossime settimane.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.