E ora il Re (o il Giudice) è nudo. La toga gliel'ha tolta uno sciopero contro la riforma Cartabia che oltre la metà dei magistrati ha disertato e molti esponenti di spicco di correnti, da destra a sinistra, hanno definito inopportuno e controproducente.
Così, lo sprint finale per i referendum sulla giustizia del 12 giugno parte mentre il grande corpo della magistratura, già colpito nel profondo dallo scandalo Palamara e dagli altri, appare diviso al suo interno come mai. Non che ci aspettasse l'80% di adesioni di 12 anni fa contro Silvio Berlusconi, ma con quel 48% l'Anm e il suo leader Giuseppe Santalucia (nel tondo, ndr), esponente di Magistratura democratica, si trova sotto accusa. E rischia di apparire roccaforte dello strapotere delle correnti, che a parole tutti dicono di voler combattere per poi opporsi ad ogni limitazione. Anche a semplici tentativi perché, diciamolo, la riforma approvata dalla Camera e all'esame del Senato, prova a fare qualcosa ma certo non è radicale. Come invece sarebbe un successo dei 5 quesiti referendari promossi da Radicali e Lega, che tra 25 giorni saranno sottoposti al voto dei cittadini.
«La riforma - spiega Enrico Costa, vicesegretario di Azione - o sarà approvata al Senato così com'è uscita da Montecitorio, o rischia di impantanarsi nelle sabbie mobili parlamentari e non uscirne più. Compie passi avanti ma si poteva fare di più e per procedere a tappe, puntiamo ora sui referendum che potrebbero aggiungere molto. Non c'è contraddizione in questo».
Forse, proprio il deludente risultato dello sciopero può convincere gli elettori che davvero è giunto il momento di cambiare dal basso il sistema giustizia. Che il corporativismo dei magistrati non lo difendono più neppure loro stessi, che in gran parte chiedono una svolta o sono rassegnati a subirla. Motivi che potrebbero far raggiungere il quorum il 12 giugno e iniziare a ricostruire una fiducia nella giustizia in questi anni precipitata ai minimi storici.
Santalucia, dopo l'insuccesso, insiste nel definire in un'intervista alla Stampa la riforma «punitiva» per le toghe, soprattutto per le modifiche al testo del governo, animata da un «sentimento di rivalsa», che vuole trasformare il sistema disciplinare in «una gabbia». Ma deve ammettere che per l'Anm è arrivata la «stagione delle vacche magre», che c'è una «spaccatura generazionale» tra vecchi magistrati «disillusi» e giovani «davvero preoccupati». Proprio questi ultimi hanno fortemente voluto lo sciopero, raccogliendo firme, ma anche la sinistra di Area che ha sempre usato lo sciopero come strumento politico, si è spaccata tra Md e MpG. Una volta c'era l'antiberlusconismo a fare da collante, ora non funziona indicare il nemico nel parlamento, nel governo, tantomeno in Marta Cartabia, certo non di destra.
È significativo che un'esponente importante di Md come Ezia Maccora (ex membro del Csm ora vicepresidente dei gip di Milano, dove le adesioni non hanno raggiunto il 40%) dica a Repubblica di non condividere lo
sciopero perché va usato «con cautela» e chi l'ha voluto ad ogni costo deve prendere atto di «non essere riuscito a rappresentare tutta la magistratura». La riforma, spiega, è «migliorabile» dialogando con partiti e cittadini.
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