Il partito dei centri sociali Nascono le prime due liste

Dopo aver appoggiato de Magistris a Napoli, gli estremisti ora vogliono scalare il Comune. I casi a Milano e Torino

Il partito dei centri sociali Nascono le prime due liste

Gli arancioni adesso vogliono farlo nero. «Giggino traditore», «de Magistris bluff», «rivoluzionario del Vomero» (il quartiere borghese del capoluogo) e tanto altro viaggia nelle chat e nei gruppi più o meno segreti dei centri sociali che hanno deciso di dichiarare guerra al primo cittadino di Napoli.

Nel giro di 48 ore l'accerchiamento è stato completato col battesimo dei due maxi-contenitori di sigle e associazioni che, come effetto iniziale, hanno svuotato il partitino personale del sindaco, «deMa». Da un lato c'è «Ndo, Napoli direzione opposta» che raccoglie l'ala più arrabbiata dei movimenti, quella che racchiude i disoccupati organizzati e i senzatetto del centro storico; dall'altro «Partenope ribelle» che, pur mantenendo una linea di comunicazione coi piani alti di Palazzo San Giacomo, si è messa in testa di conquistare al prossimo giro elettorale la fascia tricolore esautorando i possibili «delfini» che nutrivano velleità sindacali per successione dinastica: a cominciare dal fratello Claudio, che appare però sempre più defilato, per finire con l'assessora «lady like» Alessandra Clemente, nipote del giornalista Sandro Ruotolo, passando per il vicesindaco Raffaele Del Giudice, ex presidente di Legambiente Campania e «volto buono» della rivoluzione arancione. Il candidato in pectore di «Partenope ribelle» dovrebbe essere Ivo Poggiani, presidente della III Municipalità e leader di «Insurgencia», ex braccio ideologico e operativo di de Magistris nel variegato mondo del sottoproletariato urbano. Ma i colpi di scena sono all'ordine del giorno nella libera repubblica arancione.

«Ndo» e «Partenope ribelle» azzannano alla giugulare nel momento più difficile per Giggino alle prese con la crisi dei trasporti in città (l'Anm è tecnicamente fallita e in circolazione ci sono appena 280 bus rispetto ai mille del 2010, e bisognerà licenziare 180 dipendenti) e con una voragine finanziaria che sfiora i tre miliardi e mezzo di euro. Nel parere al bilancio consolidato del 2016, i revisori dei conti hanno addirittura denunciato l'impossibilità di conoscere l'esatta entità delle partite di debito e di credito tra l'amministrazione comunale e le società partecipate.

Pure la mossa di allearsi, in vista delle prossime Europee, con la lista dell'ex ministro Yanis Varoufakis, è stata letta dai centri sociali come il tentativo estremo del primo cittadino di recuperare quello smalto da «comunista combattente» a cui nessuno sembra credere più. Soprattutto da quando de Magistris ha firmato l'accordo per la riqualificazione di Bagnoli dopo aver giurato con tanto di post Facebook su «Napoli de-renzizzata» - che non si sarebbe mai piegato alle pretese del governo e dei soliti «poteri forti». Invece Giggino ha accettato il piano di Roma e i centri sociali hanno giurato di fargliela pagare. E a nulla sono serviti i «regali» che ha concesso loro consentendo l'occupazione indiscriminata di decine di immobili comunali, alcuni anche di particolare pregio, per farne i quartier generale delle diverse sigle.

Sia «Ndo» che «Partenope ribelle» contano tra le loro fila consiglieri comunali eletti nella lista «deMa», il che significa che da un momento all'altro Giggino potrebbe trovarsi senza più una maggioranza. La prima mossa, temono nei corridoi di Palazzo San Giacomo, potrebbe essere quella di chiedere un rimpasto di giunta con la prenotazione di un paio di assessorati di peso come Welfare e Patrimonio. La resa dei conti è appena iniziata.

E potrebbe rappresentare addirittura un modello per altre realtà a forte connotazione antagonista come Torino e Milano dove il mondo dei «disobbidienti» ha più di un feeling con la politica. Nella città della Fiat, l'amministrazione della sindaca grillina Chiara Appendino ha dimostrato muscoli assai deboli coi centri sociali preferendo regolarizzare le occupazioni piuttosto che risolverle con gli sgomberi, quand'anche non c'erano spazi concreti per la sanatoria.

Situazione analoga nel capoluogo lombardo con le oltre trenta sigle antagoniste che hanno fatto razzia degli edifici pubblici e privati sottraendoli a un più giusto utilizzo collettivo. Guardando all'esperimento campano, i centri sociali del resto d'Italia potrebbero provare il brivido irresistibile del «ribaltone».

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