Nella minoranza del Pd se ne dicono convinti: «Il patto tra Renzi e Verdini? Certo che c'è, ed è molto più profondo di quello che ci raccontiamo noi e che raccontano i giornali», dice uno dei colonnelli bersaniani. E porterà, assicura, «alla costituzione di un partito della Nazione che va da Orfini a Verdini, passando per il povero Alfano, ormai sempre meno influente».È in nome di questo fantomatico, ma di sicuro nefando, patto che la fronda anti-renziana del Pd sta cercando di uscire dal coma in cui da mesi sembrava precipitata e di riattivare l'opposizione interna contro il premier, chiedendo il congresso straordinario perché «la nostra identità così viene snaturata», tuona Roberto Speranza, pronto ormai a scendere in campo come antagonista diretto del segretario. «È inutile far finta di non vedere - annuncia - Siamo di fronte a un fatto politico enorme.
D'un colpo solo è cambiata la maggioranza con l'ingresso di Verdini, ed è cambiato il Pd, in cui prevalgono le spinte conservatrici». Il ragionamento suona un po' surreale, proprio all'indomani dell'approvazione delle unioni civili, ma tant'è. Del totem Verdini la minoranza vuol fare la propria arma per riguadagnare terreno nel Pd, per ottenere al prossimo congresso (probabilmente nella primavera del 2017) una percentuale più solida del 15% attuale, che consenta loro di non essere asfaltati dal premier quando si tratterà di fare le liste elettorali.Renzi e i suoi non prendono molto sul serio la minaccia, e delegano la replica a Debora Serracchiani, che irride Speranza: «Forse più che a segretario del Pd si dovrebbe candidare a segretario di Ala: di sicuro avrebbe più chance». Chiosa il ministro Boschi: «Vedremo se il congresso lo vincerà Renzi o chi sa solo lamentarsi». Nessun allargamento della maggioranza, e tanto meno del governo, assicurano da Palazzo Chigi. E in effetti finora, dall'appoggio che ha garantito a Renzi il passaggio delle riforme e la larga maggioranza sulle unioni civili, il gruppo di Ala ha guadagnato poco, praticamente niente: due vicepresidenze di commissione, di quelle che non si negano a nessun gruppetto parlamentare. «E niente ci chiedono», assicurano in casa renziana.
Ma cosa accadrà alle prossime elezioni politiche? Nella minoranza Pd c'è un sospetto: «Renzi all'ultimo potrebbe cambiare l'Italicum e spostare il premio dal partito alla coalizione, garantendo un po' di seggi anche ai verdiniani». Ragionamento che lo stesso Verdini ha più volte fatto: nel prossimo Parlamento, Renzi avrà comunque bisogno di alleati per neutralizzare la solita sinistra interna. «E noi siamo pronti, col simbolo Moderati per Renzi», dice D'Anna, di Ala. Ma il premier, assicurano i suoi, non ha alcuna intenzione di cambiare la legge elettorale: «Il premio di maggioranza al primo partito non si tocca». Anche perché far ripassare la legge per il Senato sarebbe una roulette russa. «E allora - assicurano dalla minoranza - li imbarcherà in lista, i verdiniani: tanto, una volta vinto il referendum costituzionale, Renzi non avrà più ostacoli, nessuno potrà dirgli più nulla e lui si incoronerà federatore della nuova Italia». Ma anche questa lettura viene recisamente smentita dai renziani: «I sondaggi fatti ci dicono che inglobare o anche allearci con i verdiniani ci produrrebbe un tracollo a sinistra: non esiste».
Resta un'ipotesi: se Verdini, magari aggregandosi all'operazione centrista che sta tentando Alfano con Casini, Mastella e persino Della Valle, approdasse comunque in Parlamento, l'alleanza con un Renzi rieletto tornerà di attualità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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