Domenica sera, rimasto indietro di un'incollatura rispetto al suo avversario di destra, si era detto «moderatamente ottimista». Lo spoglio delle ultime schede lunedì gli ha dato ragione. Alexander Van der Bellen è il nuovo presidente della Repubblica d'Austria. L'ex leader dei Verdi austriaci ha dunque recuperato il distacco su Norbert Hofer del Partito della Libertà (Fpö), ma la sua affermazione resta comunque di misura. Secondo i dati del ministero degli Interni di Vienna, van der Bellen ha ottenuto il 50,3% dei consensi contro il 49,7 di Hofer. Tradotto in termini di schede elettorali la differenza è di soli 31.026 voti in più per il candidato progressista.
Un numero piccolo ma che è bastato al candidato dell'Fpö per ammettere la sconfitta. È stato lo stesso ministro degli Interni Wolfgang Sobotka a dare nel pomeriggio l'annuncio della vittoria di Van der Bellen: un intervento necessario dopo che per un'intera notte gli austriaci sono rimasti appesi a un risultato incerto. Domenica sera, quando Hofer appariva in lieve vantaggio, il Viminale austriaco aveva spiegato che le schede inviate per corrispondenza non erano ancora state scrutinate e che il loro spoglio sarebbe cominciato lunedì mattina. In molti paesi il voto per posta è riservato ai cittadini residenti all'estero: in Austria, invece, quasi chiunque può affidare la propria preferenza al postino, tant'è che domenica sera le schede non scrutinate erano quasi 900 mila su 6,4 milioni di aventi diritto al voto.
A salvare Van der Bellen all'ultimo round sono stati dunque gli elettori all'estero, in viaggio, in vacanza, all'ospedale. L'Austria che in Hofer aveva visto l'incarnazione del populista in giacca e cravatta tira dunque un sospiro di sollievo, ma il Paese resta spaccato in due. Le mappe del risultato elettorale fornite dal Viminale austriaco mettono in netta evidenza come il rassicurante candidato verde abbia vinto nei centri urbani; con lui c'è Vienna, tradizionalmente «rossa», ma anche Linz, Salisburgo, Innsbruck, Klagenfurt. Al contrario Hofer spopola nell'Austria rurale, sui monti e nelle valli.
Archiviati popolari e socialdemocratici, padroni indiscussi della scena politica dal Dopoguerra a oggi, l'Austria ha sviluppato due «pance» diverse. Hofer ha parlato a quella che non vuole gli stranieri e teme la globalizzazione, il neo presidente ha intercettato invece le speranze di chi guarda ancora all'Europa con fiducia o di chi, più semplicemente, non riteneva Hofer e la sua vis anti-islamica e per alcuni considerata xenofoba compatibile con il mandato di capo dello Stato.
Assieme all'Austria urbana respira anche il resto dell'Europa, Italia in primis. Da inizio anno il governo di grande coalizione socialdemocratici-popolari ha usato il pugno di ferro contro i rifugiati, predisponendo la strozzatura del Brennero per evitare una nuova ondata di profughi o di migranti. L'ipotesi muro sembrava comunque già scongiurata ma la tensione tra i due Paesi non è affatto calata, con picchi di polemiche sul numero di migranti transitati al Brennero che si sono accese anche in questi giorni. Un rimpallo di responsabilità riguardo ai controlli con tanto di numeri che sanno tutt'altro che di emergenza. Con Van der Bellen eletto presidente, Roma spera in un approccio più europeista dell'esecutivo di Vienna, forse più attento al dettato di Schengen che non ai proclama anti-Ue dei dirigenti dell'Fpö. Farsi troppe illusioni sarebbe però sbagliato: nella repubblica alpina il risentimento per i partiti al potere resta altissimo e la voglia di cesure con il passato non è scemata nel giro di un'elezione.
A fine giornata Van der Bellen ha promesso di dare voce «ai tanti austriaci che non si sentono rappresentati, che non sono ascoltati». Da parte sua Hofer ha ringraziato i suoi elettori per il grande sostegno. «Non scoraggiatevi: questa elezione non è stata vana ma è un investimento nel futuro».
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