Pavia, incendio e nube tossica. L'ombra del racket dei rifiuti

Scatta l'allarme diossina dopo il rogo del capannone. La pista del dolo: "Qui è peggio della terra dei fuochi"

Pavia, incendio e nube tossica. L'ombra del racket dei rifiuti

Corteolona e Genzone (Pavia) - Ore 19.12 di mercoledì sera: alla centrale dei vigili del fuoco di Pavia arriva la telefonata, l'ennesima negli ultimi 12 mesi, che segnala un rogo. Siamo a Corteolona e Genzone e brucia plastica, pneumatici e materiale di scarto. Ma si tratta del settimo rogo, non troppo diverso, dagli altri, è così da nove mesi nel pavese. Roghi sui quali indaga la Magistratura e che fanno scattare indagini Asl e Arpa. Si parte a dicembre 2016. In sequenza ravvicinata vanno alle fiamme diverse discariche di rifiuti, un centro commerciale e un'azienda di lavorazione del legno. Un po' troppo per gli addetti ai lavori ma anche per i cittadini. E si allunga l'ombra del business illegale per il quale bruciare può esser meglio che pagare. Qui a Corteolona, l'ipotesi del dolo c'è. I pompieri lo spiegano bene: «Non c'è corrente e non siamo d'estate. Di che autocombustione dovremmo parlare?». E la gente qui lo dice chiaro: «Il capannone risultava dismesso. Allora cosa c'entravano tutti quei camion che arrivavano, scaricavano per poi tornare e ritornare?». I residenti lo segnalano, il sindaco di Corteolona e Genzone li ascolta: Angelo Della Valle, anni di politica nel territorio, alza il telefono e chiama i carabinieri per spiegare la situazione, per riferire della soffiata. Accade a settembre. Iniziano indagini per rispondere alle tante domande ma il fuoco arriva prima delle risposte. E polverizza tutto.

Tutto compresi (forse...) i documenti aziendali che la legge obbliga ad avere in questi stoccaggi che non pare ci siano proprio. La prefettura di Pavia, ieri, lo ha detto chiaro: il capannone non era noto alle autorità competenti al rilascio delle necessarie autorizzazioni ambientali. Non noto. Allora hai voglia i sindaci a emettere ordinanze da ieri mattina per dire ai cittadini di rintanarsi in casa dimenticandosi del mondo chiedendo di chiudere anche ditte e negozi.

Perchè, comunque, uno, la vita di tutti i giorni, anche solo per spostarsi a andare al lavoro, la deve fare. Quindi per chi abita vicino, e soprattutto nella località Cascina San Giuseppe di Inverno e Monteleone dove la nube ha invaso più pesantemente l'aria, questo capannone rimarrà altro che «non noto». Con la paura di avere, forse, respirato diossine e ipa. Sì, perchè l'Arpa ha posato in zona un campionatore che proprio questo ha rivelato. Insomma: la paura rimane. Oltre alla Messa annuale prefestiva dell'Epifania cancellata, a Inverno, dal parroco don Luca Roveda e a ore e ore da murati vivi con la rabbia impotente raccontata ieri da chi era sotto la nube tossica come Giuseppe Lodola.

Ma rimane un domanda e a farsela è Maurizio Macchetta, comandante delle Gev, le Guardie ecologiche e volontarie che in zona controllano 300 chilometri quadrati di territorio: «Qui nel pavese siamo peggio che nella terra dei fuochi tra discariche abusive nascoste e a cielo aperto. Che fine hanno fatto i nostri due rapporti su tutte quelle scovate in bassa pavese e consegnati anni fa in Provincia a Pavia?».

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