Libera Chiesa in libero Stato. Non è affatto facile però segnare il confine. C'è una certa ipocrisia nel valutare gli sconfinamenti. Tutto dipende da cosa dicono il Papa e i vescovi e a chi fa gioco in quel determinato momento politico. Ecco un paio di esempi. Gian Carlo Perego, monsignore e presidente della Fondazione Migrantes, sostiene che non è mai troppo tardi approvare una legge sullo ius scholae. «Non è una priorità? Ne parliamo da almeno quindici anni, contrapporre il caro-bollette non ha senso». Da sinistra piovono applausi e dall'altra parte mugugni. Bravi i preti. Ma che vogliono i preti? Uno potrebbe rispondere che fanno il loro mestiere, liberi di ascoltarli o di seguire altre strade. Non dovrebbero comunque essere loro a fare le leggi. La Chiesa non è però una lobby come le altre. È ancora un punto di riferimento etico. Non si può liquidare con fischi o battimani, soprattutto se poi l'approccio diventa strumentale. Jean-Claude Hollerich, cardinale e presidente della commissione episcopale Ue, sostiene che non è il caso di inserire il diritto all'aborto nella carta europea. Qui l'effetto diventa speculare. A destra applaudono e dall'altra parte piovono giù bestemmie. Bravi i preti.
Ma come si permettono? Non è del tutto colpa della Chiesa, che ti può piacere oppure no, ma che da tempo è solidale con i migranti e fa barricate sulla vita e sulla famiglia. Non è un partito politico. Non ne ha neppure più, perfino in Italia, uno di riferimento. Il Pd ogni tanto ci spera: cattolici a giorni alterni.
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