Sembrava fatta, non è così. Marine Le Pen non fa il salto che aveva immaginato, anzi scivola indietro sul filo di lana, dopo essere stata in testa per tutta la corsa. La sinistra fa un mezzo miracolo e trasforma la sconfitta annunciata in una vittoria, Macron , almeno a leggere gli inattesi exit poll, pare a sua volta mezzo resuscitato.
Insomma, colpi di scena a raffica sull'ottovolante della politica. «Qualcuno a Palazzo a Chigi sta brindando», twitta beffardo Filippo Sensi del Pd. E in effetti la controndata che arriva da Parigi mette in difficoltà Matteo Salvini e fa risaltare la stella di Giorgia Meloni. È lei l'unica leader di un paese fondatore della Ue a guidare una solida maggioranza di governo. L'astro di Marine, che minacciava di oscurarla, non brilla più come sembrava fino a ieri. Certo, si potrà dire che il successo è figlio delle desistenze e in qualche modo di manovre di palazzo, in un clima feroce di delegittimazione. Tutto vero, ma l'appuntamento con Palazzo Matignon pare svanire per il giovane Jordan Bardella che dovrà metabolizzare una vittoria sfumata sul traguardo.
La sinistra invece canta letteralmente vittoria. Il leader dei Verdi Angelo Bonelli intona euforico la Marsigliese, e aggiunge: «La dedico a Meloni e Salvini. Uniti si vince, avanti in Italia per un'alleanza democratica, antifascista, progressista ed ecologista». Sulla stessa linea Nicola Fratoianni: «Il Nuovo fronte popolare vince le elezioni e salva la Repubblica dall'assalto dell'estrema destra. Per stasera è una bellissima notizia e anche una indicazione di speranza». In realtà dall'Europa nel giro di una manciata di giorni sono arrivate due vittorie clamorose delle sinistre: i laburisti, attesi, a Londra, e ora la gauche sulla Senna.
Inutile avventurarsi in analisi assai scivolose, ma Londra e Parigi in realtà indicano due modelli diversi: i laburisti hanno presentato un programma riformista, lontano dagli eccessi di un passato radicale, a Parigi si è formata un'alleanza nel segno dell'antilepenismo, e si sono messi insieme socialisti, comunisti, ecologisti, insoumise, tutto e il contrario di tutto, gli amici di Kiev e i pro Hamas; così è facile imnaginare che questa coalizione che è solo un cartello elettorale si sfalderà subito. Forse sul pallottoliere delle alleanze si parleranno macroniani e riformisti.
Insomma, Parigi pare riproporre ammucchiate che abbiamo già visto, qui addirittura al cubo.
Dall'altra parte, Salvini non trova quel passaggio che immaginava. E Meloni potrebbe perfino avvantaggiarsi nel risiko delle famiglie europee.Le grandi manovre in corso a Bruxelles accentuano una divaricazione fra la destra radicale e i conservatori, più integrabili nella struttura di comando della Ue. Nel giro di pochi giorni c'è stato un piccolo terremoto: Orban ha fondato il gruppo dei Patrioti e lo spagnolo Abascal si è sganciato, forse a sorpresa, dall' Ecr di Meloni. È un amico che se ne va, ma anche un problema di meno per lei che vuole entrare nella stanza dei bottoni. E oggi proprio Le Pen e Salvini, spesso allineati in questi ultimi mesi, potrebbero annunciare a loro volta il passo verso Orban. È il percorso accelerato che delinea il senatore della Lega Claudio Borghi: «Domani attendiamo a braccia aperte il Rassemblement national fra i Patrioti per costruire finalmente la vera alternativa a questa Ue marcia».
Mosse e contromosse, ma anche una semplificazione del quadro, in attesa delle elezioni americane. Salvini si è schierato senza se e senza ma con Trump e certo l'ascesa al potere di Marine e del suo fido Jordan sarebbe stata un assist formidabile.
Alla fine c'è stato però l'effetto opposto. Meloni potrebbe trovarsi alla testa di una costellazione che prende corpo a destra dei popolari, ma non così a destra, senza cedere alle derive più populiste di certe frange di altri movimenti. In una situazione magmatica e a tratti confusa, Giuseppe Conte prova a passare subito all'incasso: «Premiata la proposta di chi non ha mai avuto dubbi su pace e diritti».
Per ora però è il Pd redivivo a
festeggiare:«È un risultato straordinario per la sinistra unita - esulta la segretaria Elly Schlein - la destra si può battere». «Vive la Republique», esclama infine Paolo Gentiloni. E forse, nel dirlo, è più stupito che felice.
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