Il Pd grida già all'isolamento nella Ue. Ma Grillo: "È morbida sul Salva Stati"

Posizioni differenti tra i Dem e i Cinque Stelle, Conte sceglie di tacere. De Luca invoca l'aula: "Si discuta della nostra proposta di ratifica"

Il Pd grida già all'isolamento nella Ue. Ma Grillo: "È morbida sul Salva Stati"
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Dopo le polemiche della sinistra intellettuale sul saluto romano immaginario dell'inesistente X Mas, la sinistra politica si rifà sotto con il Mes. Cambia una vocale, sono diversi i protagonisti, ma la tattica di chi si oppone al governo di Giorgia Meloni è sempre la stessa. Approfittare di qualunque occasione per intasare le agenzie di dichiarazioni contro il centrodestra. Appigliarsi al nulla, pur di creare un po' di caos.

Nulla di più. Perché le frasi della premier Meloni sulla ratifica del Meccanismo europeo di stabilità non sono una notizia. Il no della maggioranza all'accettazione del Trattato di riforma del cosiddetto «Fondo Salva-Stati» era un dato acquisito, blindato già a novembre da una mozione sostenuta dai partiti che appoggiano l'esecutivo in cui si impegnava il governo a non dare luce verde all'accordo. Niente di nuovo sotto il sole di Manduria, dove - a Bruno Vespa - la premier ha ribadito la sua contrarietà alla ratifica del Mes. Roba buona però per rianimare un'opposizione sfaldata e in cerca di un'identità politica.

E così torna d'attualità il meccanismo europeo, croce di Giuseppe Conte durante i due governi da lui presieduti. Comincia la segretaria del Pd Elly Schlein, che butta la palla in tribuna. «Meloni si preoccupi del Paese, prima che ci porti a sbattere. Noi siamo preoccupati dei salari troppo bassi e dei tagli alla sanità, perché lei governa da otto mesi e non spende i miliardi del Pnrr, aumenta la precarietà e smantella i diritti», dice Schlein. Dal Pd tocca a Piero De Luca rispondere nel merito, lui che è stato appena rimosso da vicecapogruppo alla Camera da un blitz della segretaria. «L'insistenza della presidente del Consiglio a considerare il Mes come uno stigma è priva di senso», attacca il deputato figlio del governatore campano Vincenzo, che ha congelato l'ipotesi di uscire dal Pd. Il parlamentare ripete il refrain del governo che continua a «isolarci in Europa» e minaccia barricate alla Camera, dove il 30 giugno inizierà la discussione generale sulla proposta di ratifica del Mes. «Si discuta in Parlamento quanto prima della nostra proposta di legge di ratifica. Non c'è più tempo da perdere», conclude De Luca. A ruota il Terzo Polo: «È sempre stupefacente notare come un premier di un paese del G7 non abbia la minima idea di cosa sia il Mes», twitta il deputato di Italia Viva Luigi Marattin. Anche il renziano dà appuntamento a Meloni in Aula: «Il 30 giugno alla Camera faccia votare la maggioranza contro la nostra proposta di legge di ratifica del Mes». Da Azione insiste Matteo Richetti, capogruppo alla Camera del Terzo Polo: «Manchiamo solo noi in tutta Europa. Li aspettiamo al banco di prova in aula, ma sanno anche che senza questa approvazione l'Europa chiude un'interlocuzione su Patto di stabilità e Pnrr». Stessa linea per Più Europa. Il deputato Benedetto Della Vedova invita Meloni: «Non sia autolesionista e lo ratifichi». E il segretario del partito Riccardo Magi: «Meloni isola l'Italia in Ue».

Rimane in silenzio Giuseppe Conte, che da premier ha penato e balbettato sul Mes. Dà corpo alle idee dell'ala storica del grillismo Beppe Grillo. Il Garante pubblica sul suo blog e condivide sui social un post dell'ambasciatore italiano in pensione Torquato Cardilli, intitolato «Quelli che erano pronti!», con tanto di foto di Meloni bifronte, sorridente da un lato e imbronciata dall'altro. Un lungo articolo pieno di accuse di voltafaccia e tradimenti del programma di governo all'indirizzo del centrodestra. Menzionato anche il Mes. Solo che il Blog taccia la premier di essere troppo morbida sul «Salva Stati».

Il virgolettato della premier «prima di firmare il Mes dovranno passare sul mio cadavere» viene elencato tra le promesse non mantenute. Grillo rilancia sui social e commenta: «Sono bastati otto mesi di governo per far cadere la maschera di quelli che dicevano di essere pronti».

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