Quel Pd sempre attratto dai 5s assistenzialisti

Il Pd non può vincere le prossime elezioni politiche, perché non vuole. Vuole sì continuare a dare le carte, ma senza fare nulla per guadagnarsi gli elettori che gli mancano

Quel Pd sempre attratto dai 5s assistenzialisti

Il Pd non può vincere le prossime elezioni politiche, perché non vuole. Vuole sì continuare a dare le carte, ma senza fare nulla per guadagnarsi gli elettori che gli mancano. La sua politica suona più o meno così. Noi abbiamo i nostri elettori di riferimento, con cui condividiamo le idee di società e di economia, quelle giuste. Siamo anche consapevoli che questi elettori non bastino a portarci al governo. Allora, altri elettori, molti altri, dovrebbero cortesemente votarci, anche se noi non proponiamo loro ricette politiche che incontrino i loro desideri. Ma noi siamo nel giusto e tanto dovrebbe bastare.

Non è quello che emerge dai fenomeni politico-elettorali degli ultimi anni. I 5S, senza arte né parte e mandando tutti a quel paese, nel 2018 sono usciti primi assoluti dalle urne. Prima e dopo Salvini ha costruito un consenso impressionante. Mentre si sgonfiavano entrambi, Meloni compiva un miracolo simile, andando in testa nei sondaggi. Si può discutere nel merito, ammesso che conti davvero per gli elettori, ma i numeri sono numeri. I tre fenomeni raccontano di persone che si sono presi in spalla movimenti inesistenti o moribondi e li hanno portati in vetta. Guadagnandosi ogni voto ogni giorno con impegno e pervicacia, ascoltando gli umori dell'elettorato. Che non equivale a buona politica, certo. Al Paese servono medicine e non è mai il paziente quello bravo a scrivere la ricetta. Però ogni politica, buona o cattiva, in democrazia deve passare per il consenso. Tornando al punto, il Pd cerca sempre l'alchimia a freddo. Questo tentativo di unione coi 5S è l'ennesimo umiliante tentativo. Ricostruiamo. Usciti non-vincitori dalle urne 2013, l'amore per ciò che era espressione di piazza portò Bersani e Letta a farsi sbeffeggiare in diretta streaming dal comico, salvo poi governare controvoglia con Berlusconi. Anche per questo 5 anni dopo la piazza portò i 5S a Palazzo, dove presto sono implosi nel vuoto di cui sono fatti e ora, con la separazione in casa tra Conte e Di Maio, evaporano anche più rapidamente. A questo punto un competitore punterebbe a costruire sulla loro dissolvenza, asfaltandoli e andando alla conquista dei loro voti di saldi. Una remontada, insomma. Invece il genio piddino cosa fa? Gli getta un salvagente. Niente, proprio non ce la fanno a prendere le distanze da chi dà elemosine e bonus a pioggia. La parte più bassa, populista e assistenzialista del movimento li affascina. A parte ciò, a non funzionare è la ricetta di mettere insieme i mattoncini Lego. Nel delirio piddino, chi a fatica cerca di guadagnare un consenso al centro dovrebbe accorrere alla chiamata del pivot e aggregarsi con i 5S e la sinistra dura e pura.

Tutto pur di non confrontarsi con le reali aspettative degli elettori. Non solo dei propri, ma anche degli altri. Ma i cittadini tendono a premiare le posizioni nette e presidiate con coerenza, non le 50 sfumature di Pd.

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