Il Pd tira un sospiro di sollievo: "Calenda? Meglio così, è instabile..."

I vertici dem, in realtà, sembrano sollevati dal mancato accordo con Carlo Calenda che viene descritto come una sorta di mina vagante. Dentro il partito serpeggia anche il malumore per Articolo 1

Il Pd tira un sospiro di sollievo: "Calenda? Meglio così, è instabile..."

Preoccupazione o sospiro di sollievo? In casa Pd, dopo la rottura del patto con Azione, sembra prevalere la sensazione di essere scampati a un grave pericolo.

Se da un lato rimane la paura di aver perso un po' di credibilità, dall'altro c'è anche la consapevolezza che contrastare il centrodestra in completa solitudine non è possibile. “Calenda poteva anche pensare che Enrico Letta fosse incoerente nel fare quel tipo di alleanze, però lo sapeva che ci stava lavorando”, dicono persino i più critici nei confronti del loro segretario. “La verità è che Calenda è un cane sciolto di cui non si fidava nessuno”, ammettono alcuni deputati dem che parlano rigorosamente a taccuini chiusi. Nel Pd, ci viene spiegato, è stato meno apprezzato il tentativo di agganciare il leader di Azione che quello di estendere l'alleanza a Sinistra Italiana. “Carlo Calenda suscitava più diffidenze di Fratoianni perché se ne riconosce l'instabilità”, ci conferma un deputato che è già alla sua seconda esperienza a Montecitorio e che ambisce alla rielezione. Una diffidenza che non riguarda i singoli parlamentari, ma anche i vertici del partito che da Largo del Nazareno stanno lavorando per costruire le alleanze e stilare le liste. “Non c'è alcun stupore per la sua scelta, anzi il gruppo dirigente del Pd è contento di essersi levato di torno Calenda perché si sa che è inaffidabile. Un giorno sta da una parte e un giorno sta dall'altra...”, viene ribadito a gran voce da chi non ha mai gradito le intemperanze del leader di Azione.

Dentro il partito, però, c'è anche grande malumore per aver inserito Roberto Speranza e altri esponenti di Articolo Uno nelle liste del Pd. “Non si capisce perché dobbiamo cedere 4-5 seggi ad Articolo Uno, oltre agli altri 2 o 3 posti concessi a Socialisti e Demos...”, è la considerazione che circola tra coloro che rischiano di non essere ricandidati. Inoltre, sarebbe stato più semplice avere alla propria sinistra Articolo Uno che era al governo piuttosto che Sinistra Italiana che, invece, era all'opposizione. Ma “Speranza è il ministro più odiato del governo Draghi, mentre – ci spiegano i piddini - Fratoianni vale molto di più di Articolo Uno perché Sinistra Italiana ha beneficiato dallo stare all'opposizione e non farà meno del 4%”. Col senno di, poi, “effettivamente, avremmo potuto tenere fuori Articolo Uno e, dato che non avrebbe fatto più dell'1,9%, ci saremmo potuti prendere i loro voti senza doverli imbarcare nelle nostre liste”, si sottolineano i dem.

In questo contesto, ovviamente, pesa l'assenza di Calenda nell'alleanza di centrosinistra, ma è una mancanza che viene ben presto minimizzata. Poco cambia avere 15 o 30 collegi in più o in meno “se tanto lo sappiamo che stiamo andando a perdere le elezioni...”, è l'amara verità che serpeggia tra i parlamentari del Pd.

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