Il Pd vuole stanare Italia viva: "Si voti"

Ma la minaccia non convince. Anche tra i dem non c'è unità

Il Pd vuole stanare Italia viva: "Si voti"

Giuseppe Conte, consapevole di giocarsi l'osso del collo, si è messo diligentemente a trottare nella direzione auspicata dal Pd. E questo un po', al Nazareno, piace, perché suscita l'illusione di poter dettare legge.

Così la delegazione dem si è presenta ieri sera alle consultazioni sul Recovery Plan (indette dal premier su suggerimento Pd, per spostare il focus dallo scontro politico con Renzi, e anche perché il ritardo mostruoso accumulato dal governo sul tema sta allarmando tutta la Ue) sulla linea: o questo governo - purché Conte faccia quel che diciamo noi - o voto. Il tutto preceduto da due semi-interviste del segretario Zingaretti e del capodelegazione Franceschini che erano destinate a rafforzare sinergicamente questa linea, con l'obiettivo primario di spaventare i parlamentari di Italia viva e costringere Renzi alla retromarcia.

In segno di riconoscenza, il premier ha messo alla propria destra e alla propria sinistra, dal suo lato del tavolo per le consultazioni, il ministro dell'Economia Gualtieri e quello dei Rapporti con l'Europa Amendola, due dem. Lasciando addirittura che fossero loro due a gestire il colloquio con la delegazione M5s, che lui si è risparmiato con la scusa di salire al Colle per gli auguri di rito. I due ministri sono quelli che hanno fatto notare, nelle scorse ore, che il ritardo italiano sul Recovery Plan c'è, eccome. Senza dire che la responsabilità è di chi, a Palazzo Chigi, ha tentato di accentrare tutta la gestione, senza avere però idee sui contenuti né autorevolezza di leadership. Ora Conte assicura di volersi sbrigare ma anche di «non vedere l'ora» di recepire gli indirizzi del Parlamento sulla sua bozza, che dovrà essere portata in Cdm, ed è pronto a rivedere la cabina di regia facendo posto a tutti coloro che pongono questioni.

Tutto risolto? «La partita è ancora molto, molto complicata», assicurano in casa dem. Anche perché l'intervista di Franceschini ha irritato i gruppi parlamentari e tutta l'ala Pd che punta al rimpasto (incluso il vicesegretario Orlando). Il ministro della Cultura si è fatto un po' prendere la mano e si è spericolatamente spinto a spiegare che non solo ci sarebbe il voto, ma che ci sarebbe un'alleanza elettorale con M5s (e non con Iv) e che Conte sarebbe il candidato premier. «Se si vota, decidono gli iscritti Pd con chi allearsi e con quale candidato», replica Tommaso Nannicini, dando voce ad un diffuso malessere dem. «I ricatti di Renzi vanno respinti, ma deve essere chiaro anche al premier che un rafforzamento politico e anche comunicativo del governo è necessario, per riuscire ad evitare i ritardi e le trappole che hanno costellato questi mesi», aggiunge Andrea Romano.

Mentre in molti fanno notare che l'ipotesi di alleanza senza Renzi ma con i grillini fa un po' ridere: «Non riusciremo a farla nemmeno a Roma, dove M5s sarà costretto a perdere con la disastrata Raggi e noi a candidare un nostro nome a caso. Figurarsi se si può fare in Italia».

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