"Pensare in grande". Chi era Mattei e perché la Meloni lo ha citato

Enrico Mattei, padre dell'Eni, può essere definito il patriota italiano di maggior successo: una bussola obbligata per l'agenda politica di Giorgia Meloni, che lo ha citato alla Camera

"Pensare in grande". Chi era Mattei e perché la Meloni lo ha citato

Enrico Mattei, il prototipo dei patrioti; Mattei, il principale ricostruttore del Paese; Mattei, il "corsaro" che alla guida dell'Eni proiettava, con originalità, il Paese all'estero sul piano politico, economico, diplomatico. Mattei, anche se non soprattutto, la vittima del suo amore per l'Italia, come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.

Mattei nel pantheon della Meloni

Giorgia Meloni ricorda il fondatore del Cane a sei zampe e lo cita nel suo discorso di insediamento alla Camera, a soli due giorni dalla ricorrenza del sessantesimo anniversario della morte. Al capo partigiano divenuto boiardo di Stato la Meloni dedica la sua idea per un piano dedicato alla cooperazione con l'Africa: "Credo che l'Italia debba farsi promotrice di un 'piano Matteì per l'Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell'area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo".

Per Mattei, definito "un grande italiano che fu tra gli artefici della ricostruzione post bellica, capace di stringere accordi di reciproca convenienza con nazioni di tutto il Mondo", un ruolo di faro per la politica estera italiana e per la proiezione economica del sistema-Paese.

Non è un caso che la Meloni scelga proprio il manager di Stato marchigiano alla guida della maggiore azienda pubblica nella fase del boom economico. In lui, implicitamente, vede un modello di persona ascesa dal basso a posizioni di prestigio. Attraverso la sua figura sdogana definitivamente il superamento dell'eredità del Movimento Sociale Italiano incardinando Fratelli d'Italia nella tradizione dei partiti nazionali. Elogiando uno dei padri della Ricostruzione assieme a figure come Nilde Iotti e Tina Anselmi la Meloni diventa una figura, per dirla alla inglese, conservatrice One-Nation, che si inserisce pienamente nell'alveo democratico del Paese.

Il modello di Enrico Mattei per l'interesse nazionale

Ma la lezione di Mattei è soprattutto strategica e politica. E si può riassumere in un concetto: pensare originalmente, ma pensare in grande. Pensare a un rinnovato ruolo dell'Italia nel sistema del Mediterraneo e giocare tutte le carte a propria disposizione per proiettare l'interesse nazionale nel quadro del terreno di gioco delineato dalle alleanze di riferimento del Paese. In passato, Mattei portò l'Eni e la diplomazia italiana a giocare da protagonisti nell'agone di riferimento.

Il fine primario della sua azione, ereditato dallo spirito di lotta partigiana, era per l’imprenditore marchigiano, il bene comune dello Stato italiano nella sua interezza, precisamente l’interesse nazionale. Riguardo a ciò, la sua visione rientrerebbe tra le caratteristiche che definiscono il realismo classico nella geopolitica. Secondo Mattei erano le lotte per le risorse, non vaghi ideali di pace, libertà, e democrazia, a creare le trame delle relazioni internazionali. E, discorso applicabile all'oggi, è l’energia che muove lo sviluppo dei popoli e può emanciparli, portando nuovi assetti globali a costruirsi.

L'Italia avrebbe dovuto e potuto esserne partecipe e vi riuscì negoziando accordi di fornitura energetica a basso costo con l'Iran, il Marocco e l'Egitto e giocando da protagonista nel quadro del sostegno all'indipendenza algerina tra gli Anni Cinquanta e Sessanta. Mattei alimentò la proiezione nazionale e diede allo sviluppo industriale del Paese uno dei suoi motori. La classe dirigente della Prima Repubblica, plasmata in larga parte nella Sinistra democristiana di cui Mattei era parte, vegliava politicamente e pensava alle linee di tendenza del Paese.

Lo Stato italiano e il riscatto della sconfitta

Il catalizzatore di progetti così ambiziosi fu la volontà comune alle grandi forze propulsive del Paese e alle due grandi culture politiche nazionali, quella democratico-cattolica e quella social-comunista, di puntare sull’affermazione dell’Italia come potenza industriale. Le coalizioni economiche e la comunione d’intenti prepararono le basi a uno sviluppo che ebbe le sue arterie nelle infrastrutture costruite per unire l’Italia, avvicinarne le aree più strategiche al resto del Paese e ai mercati mondiali, e il suo ossigeno nelle conquiste della Finsider di Oscar Sinigaglia, antenata dell’Ilva che seppe risultare capace di realizzare gli impianti in grado di permettere a tutti i Paesi europei la conquista dell’indipendenza nella produzione della materia più strategica per l’industria moderna, l’acciaio. Una fase smboleggiata e alimentatadalla Supercortemaggiore, la “potente benzina italiana” dell’Eni: l'azione di Enrico Mattei fu dunque capace di garantire energia a basso costo agli imprenditori e sicurezza nei rifornimenti ai cittadini per accelerare la svolta dell’ampliamento dei consumi nel Paese.

La centralità dello Stato in questo processo può essere ben rappresentata dall’atto fondativo dell’Eni come ente pubblico e dalla volontà di Mattei di rendere la holding pubblica il braccio operativo dell’Italia, al fine di garantire la sicurezza energetica, che negli anni del boom economico si è scoperta essere fondamentale. Crescita del mercato interno, cooperazione tra i popoli e l'interesse nazionale come bussola senza strappare con gli alleati storici erano i punti di riferimento di un'azione che consentì a un Paese devastato di risorgere come grande potenza economica e industriale grazie alla sua "civiltà delle macchine" e alla sua operosità.

La Meloni sulla scia di Mattei

Quali sono oggi le sfide dell'Italia che Giorgia Meloni governa come prima donna premier della storia repubblicana? Il tema dell'energia non è meno saliente. Si tratta, oggi, di garantire sicurezza e sovranità degli approvvigionamenti in campo di gas naturale e petrolio, di tornare a guardare al mercato interno come fonte di materie prime laddove possibile, di governare il grande gioco delle infrastrutture che sul campo delle risorse tradizionali guida il commercio tra le varie aree del Mediterraneo. E ci si rende conto che la partita dell'energia passa anche attraverso la transizione, da governare proiettando al contempo l'interesse nazionale e le prospettive geopolitiche del sistema-Paese.

Non v'è sovranità senza sicurezza, in un contesto che come ricordato dal politologo Lorenzo Castellani vede tramontare le linee guida dell'ordine neoliberale in campi di pertinenza della tutela dello Stato. E nell'epoca del ritorno dello Stato il modello Mattei può fungere da bussola per la Meloni. Investimenti strategici, reti di ultima generazione, nuovi modelli produttivi: Mattei portò tutto questo in quella che è stata la prima grande transizione energetica dell'Italia industriale. E oggi questo scenario si può riproporre. Il "momento Mattei" dei big delle rinnovabili italiane, come Enel e Terna, guarda già alle interconnessioni euro-africane passanti per il Mediterraneo; la guerra russo-ucraina ha rimesso il tema della sicurezza energetica mediterranea e portato alla ribalta grandi opere come EastMed su cui passa la sicurezza nazionale.

La cooperazione tra i popoli passa oggi per l'affermazione di quel diritto a non emigrare caro a Benedetto XVI e che chiama alla cooperazione tra Occidente e Sud globale per una ritrovata concordia tra le nazioni. Roma può e deve mettere il meglio della sua cultura industriale, energetica e ingegneristica al servizio di un grande piano di cooperazione con l'Africa capace di accelerare la transizione, rendere più sicuri entrambi i campi, mettere in moto un vero sviluppo del continente dall'altra parte del Mediterraneo e rafforzare commercio e sviluppo. Contrastando, al contempo, la penetrazione di ogni attore in movimento dinamico nel Mediterraneo allargato: Russia, Turchia e, ovviamente, Cina.

Rilanciare il sistema-Paese per pensare in grande

La lezione di Mattei è anche quella dell'importanza strutturale del sistema-Paese. Oltre a governare la transizione energetica l'Italia ha bisogno di strategie per padroneggiare la rivoluzione tecnologica e metterla al servizio del rilancio come grande Paese industriale, deve far fronte al deperimento delle infrastrutture per connettere con nuovo slancio l’Italia e evolvere i paradigmi dell’industria manifatturiera, promuovendo come punta di lancia le medie imprese e le multinazionali leggere.

Lo Stato-imprenditore dell'era Mattei lascia spazio allo Stato "stratega". "L’intervento dello Stato deve essere molto più ragionato, funzionale alle logiche del capitalismo politico e del legame tra economia e sicurezza nazionale e portare alla definizione di un paradigma di Stato stratega capace di creare indirizzi di medio e lungo periodo", si è scritto su Inside Over. E la lezione di realismo di Mattei impone di pensare a far fruttare tutte le leve, oltre ovviamente alle major energetiche che continuano ad avere un ruolo centrale, per rafforzare il benessere collettivo.

Da Cassa Depositi e Prestiti a Sace, dalle grandi banche private e di sistema ai colossi dell'automazione, dei settori d'eccellenza dell'impresa, passando per università e centri di ricerca, Roma ha diverse frecce al proprio arco e può mobilitare la sua forza per costruire strutture e campioni dinamici operanti non solo in campo nazionale ma anche sul fronte europeo. Dall'aerospazio alla farmaceutica, dai microchip alla Difesa comune, oggi la sfida della sovranità e della sicurezza è spesso condivisa.

La sicurezza è presupposto della prosperità e per tutelarla Roma deve accentuare un cambiamento di mentalità in campo europeo: Da tempo, in Europa, "e come se non si materializzasse più la volontà di fare o di poter fare qualcosa di grande, di creare istituzioni importanti, che coinvolgono soprattutto i paesi europei", dichiarava a dicembre 2020 l'analista geopolitico Alessandro Aresu parlando con Data Manager. "L’ESA e il CERN sono nati tra gli Anni Cinquanta e Settanta in risposta alle grandi tensioni della guerra fredda che coinvolgevano anche scienza e tecnologia. Dopo, non abbiamo poi costruito niente di davvero paragonabile. Nemmeno nella risposta alla crisi" del Covid-19. A cui da allora si è aggiunta la guerra in Ucraina. Il vero modello Mattei per l'era Meloni potrà passare per la volontà di pensare in grande, a livello di sistema. Così fece Mattei, ricostruttore della Repubblica.

Così bisogna tornare a fare, ora che la fase del governo dell'emergenza si è definitivamente conclusa e la politica deve tornare a immaginare un'idea di Paese. Come seppe fare il figlio della provincia marchigiana arrivato a diventare, per citare Der Spiegel, 2il romano più potente dopo Augusto".

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