Salvaguardare il principio di equità tutelando coloro che intendono continuare a svolgere professioni essenziali per lo Stato. È questo l'obiettivo al quale il governo sta lavorando in vista della presentazione del maxiemendamento alla legge di Bilancio. Oggi il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, sarà in audizione presso le commissioni Bilancio per ribadire i principi cardine della manovra (tutela dei redditi deboli e rigore sui conti), ma probabilmente anche per socchiudere la porta a un intervento «equitativo» sulle pensioni.
La Finanziaria 2024, infatti, rivede i coefficienti di trasformazione della quota retributiva delle pensioni che saranno erogate a partire dal primo gennaio prossimo. La misura riguarda alcuni settori molto sensibili dell'amministrazione come medici, infermieri, insegnanti, ufficiali giudiziari e dipendenti degli enti locali. Si va a incidere sulla legge 965 del 1965 che consente tuttora di recuperare il 24% della retribuzione a chi ha lavorato un solo anno prima del 1996, anno nel quale è entrato in vigore l'attuale sistema contributivo. I coefficienti vengono ritoccati incisivamente dalla Manovra conservando il rendimento del 37,5% solo per chi ha iniziato a lavorare nel 1981, dunque per chi aveva 15 anni di contributi al cambiamento di regime. La vera distorsione, tuttavia, è rappresentata da un rendimento assicurato pari al 23,9% dell'ultimo stipendio al 31 dicembre 1992 per coloro che a quella data hanno versato almeno un mese di contributi.
La norma, tuttavia, ha un effetto impattante sui futuri trattamento, soprattutto per categorie come medici e infermieri che sono state decisive per affrontare l'emergenza Covid e che hanno annunciato uno sciopero per il 5 dicembre. Per non rovinare il rapporto con un settore importante per la tenuta sociale, l'esecutivo sta pensando a un correttivo che, come detto, salvaguardi l'equità senza compromettere i conti garantendo un privilegio a chi ha versato pochi contributi prima del 1996. L'uovo di Colombo potrebbe essere rappresentato dal mantenimento degli attuali coefficienti per coloro che andranno in pensione di vecchiaia a 67 anni o successivamente (come già consentito ad alcune categorie) e che al primo gennaio 1996 avevano già cumulato anni di anzianità. Al contrario, per coloro che dovessero decidere di anticipare il pensionamento potrebbe restare una penalizzazione o il ricalcolo contributivo del montante pensionistico come già previsto per Quota 103 e Opzione Donna.
L'obiettivo politico è duplice. Da una parte scongiurare lo sciopero indetto dai camici bianchi per il 5 dicembre prossimo, dall'altro lato evitare pensionamenti di massa nel settore sanitario per approfittare della legislazione vigente, mettendo in crisi la sanità pubblica già a corto di personale sia per motivi demografici che di carenza di laureati.
«Ci vuole un attimo di pazienza perché siamo ancora durante il dibattito parlamentare; a fine sessione di bilancio questo problema verrà superato e risolto, parole del ministro dell'Economia», ha dichiarato ieri l'assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, confermando che il ministro Giancarlo Giorgetti è orientato ad soddisfare le istanze del personale medico e paramedico.
Più difficile , al
momento, stabilire quali potrebbero essere le coperture. Va detto che nei primi anni di vigenza la riforma produce risparmi esigui (11,5 milioni nel 2024) ma a regime le minori uscite sono quantificate a 2,3 miliardi nel 2043.
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